mercoledì 25 agosto 2010

repetita ... "non" iuvant - 2

Possibile contestazione:
"la mia risposta non parlava di maggiori o minori capacità dell'uditorio, ma di maggiori e minori possibilità di ascolto a differenza di oggi in cui esiste il mezzo di riproduzione.
La funzione della ripetizione nella forma sonata ha la stessa funzione che ha in qualunque altra forma. Si ripete un concetto quando lo si vuole sottolineare o rendere più comprensibile.
Anche uno standard Jazz ha spesso la ripetizione del tema per quanto semplice la forma esempio Autumn Leaves. Col tuo discorso si generalizza troppo... allora che senso ha ripetere le prime 4 battute di una canzone visto che già le abbiamo sentite... Inoltre la storia insegna che la teoria nella maggioranza delle situazioni segue la prassi codificandola ed ordinandola. Quindi non credo che la mia risposta sia contraddittoria. Il ritornello poi non è strettamente necessario, ripeto forse in una prima esecuzione poteva essere opportuno sottolineare gli elementi principali, nello sviluppo non è necessario perchè è lo stesso sviluppo ad essere una ripetizione ulteriore del materiale, ove l'interesse è concentrato sulla trasformazione e non sul profilo dei temi che si presume sia chiaro nella mente dell'ascoltatore.
Non credo regga il confronto specifico con il teatro, sono comunque forme linguaggi e sopra tutto sistemi percettivi diversi; il linguaggio si basa prima sulla ragione e poi sui sensi, la musica al contrario, non si può forzare un paragone in un campo per supportare una tesi in un altro... La differenza è: nel linguaggio un concetto devo capirlo e quindi può anche non essere necessario ripeterlo se capito, in musica oltre alla comprensione esiste il piacere, se un tema mi piace perchè non riascoltarlo? se non mi piace, magari riascoltandolo ci ripenso.
In ultima analisi partendo dall'ultimo concetto ritengo che non si possa neanche troppo generalizzare. Se un tema è bello magari va bene riascoltarlo per apprezzarlo meglio se fa schifo è inutile anche la prima esecuzione.
Certo nella sonatina in do di Clementi il ritornello è un inutile supplizio, ma vorresti dire che ti da fastidio riascoltare l'esposizione della K 550 di Mozart o che non ha senso? la risposta secondo me è proprio nei sensi, fai decidere loro di volta in volta."

R: Allora perché non ripetere ... due o magari tre volte o quattro e così via.
Non sono affatto d'accordo che la ripetizione serva a rendere più comprensibile un concetto, perché l'immediata domanda sarebbe, appunto, "e quante volte bisogna ripetere perché sia comprensibile?" E poi che facciamo, a seconda della capacità di ... comprendere dell'uditorio, il compositore scrive: "nota a margine: per un pubblico diseducato musicalmente ripetere 9 volte, per un pubblico musicalmente preparato non ripetere, il resto lo lascio alla vostra sensibilità e a come .. tira la serata, fate un po' voi, altrimenti mettetevi d'accordo con il pubblico e chiedetegli quante volte vogliono che ripetiate..."
capisci bene che posta in questi termini è ... comica.
Vogliamo provare allora a fare discorsi pertinenti, strutturali o continuiamo a restare nel campo del ... secondo me?(quanto all'esempio teatrale, sono d'accordo che non è esaustivo, ma era per offrire uno stimolo).
Quello che tu chiami generalizzare forse sarebbe la ricerca di leggi universali alle quali il caso singolo sottostà e non il contrario.
Comunque io non devo convincere nessuno, l'unica cosa che posso dire è che in musica la ripetizione... NON esiste.
Se ci pensi, il fatto che un evento segua un altro già fa la differenza, vuol dire che il secondo è fortemente condizionato dal fatto che nella tua coscienza il primo ha già lasciato una traccia.
Il problema immediato che si pone è come orientare quella che impropriamente chiamiamo ripetizione.
La cosa interessante che invece noto è che i dubbi e le obiezioni sono esattamente le stesse che anche io ho posto e che, in dieci anni di rapporto con Celibidache, ho visto immancabilmente porre da tutti i ... nuovi arrivati.
Quando i padri della chiesa si rifiutarono di guardare nel cannocchiale di Galileo Galilei, la risposta di Galileo fu: "indipendentemente dal fatto che voi guardiate o no nel cannocchiale, la luna è come è, "craterata", "bitorzoluta", ... imperfetta e certamente non corrispondente all'"ipse dixit" Aristotelico dei mondi perfetti.
Allora, se mai, la questione qui in ballo è il tentativo da parte di Celibidache e di qualche altro di passare dalla soggettività all'oggettività, potremmo dire dall'arbitrio al vero, ma se non ti scatta la curiosità o la voglia di lacerare il velo di Maja che ti si para davanti agli occhi, né un Raffaele qualunque né ancor più qualificatamente l'esperienza e il vissuto di un Celibidache potranno ... smuoverti dalla tua posizione.
Al di là della scelta che viene operata dall'esecutore, i miei scritti fino ad oggi stanno cercando una via per arrivare a definire se l'esecuzione musicale possa fare o no riferimento a criteri meno arbitrari, opinabili e aleatori; il discorso in gioco è quale sia il ruolo giocato dalla soggettività e quanto questa possa essere un ostacolo alla intercomunicabilità di un fenomeno.
Detto più semplicemente: quanto più un'interpretazione è tua, tanto meno sarà... mia e allora che elementi sono ineliminabili al di là della soggettività per far sì che io possa comprendere quello che tu stai facendo ?
Da un punto di vista tensivo/strutturale non ho capito io, invece, in chi difende il ritornello, che cosa ne giustifichi l'esistenza.
Possibile forte contestazione:
"Se un compositore ha scritto un ritornello perchè ci si chiede se farlo o meno? Se l'ha scritto lo si fa, chiedendosi al massimo perchè l'ha scritto.Lasciate ai musicologi queste faziose considerazioni estetiche e intanto PRODUCIAMO!! può sembrare troppo semplicistico tutto ciò..lo so...ma tra le tante cose interessanti che avete scritto, la domanda da cui siete partiti secondo me è pura speculazione."

R: ma cosa ... PRODUCIAMO? Noia?
Io possibilmente voglio mettermi in grado e all'altezza di produrre musica.
Ma che razza di discorso è "l'ha scritto, quindi si fa".
Mi sa più di feticismo verso il compositore che impegno al quale dedicare la propria esistenza. Se invece per te la musica è un hobby, questo è tutta un'altra cosa.
Se fare o non fare dipende solo dal fatto che l'ha scritto, magari perché è una convenzione datata a te questo non interessa minimamente, basta ... produrre.
E poi: cosa produce un musicista, se è lecito sapere o chiedere?
Allora invece di ripetere una volta l'esposizione, visto che basta produrre e quindi il criterio è meramente quantitativo, potresti proporre di farlo ... due volte invece di una, così la ... produzione è garantita.

Quando dico che la ripetizione non esiste non mi riferisco al fatto che uno stesso frammento non si deve ripetere, il mio discorso è di tipo strutturale e tensivo.
Dire che la ripetizione non esiste vuol dire che la ripetizione va ... orientata.
Il compositore in realtà non fa altro che ripetere, il problema di ordine tensivo è quale sia la funzione della ripetizione.
La ripetizione ha due possibili orientamenti: o porta ad accrescere tensione o serve ad attenuare tensione.
Allora la domanda che ci sta dietro tutte le volte è:
in base al tragitto "tensivo" del brano, questa ripetizione va orientata a ... "più" o va orientata a "meno"?
Nel caso allora dell'esposizione della forma sonata il problema non riguarda più una cellula, ma un intero "settore" tensivo.
Siete proprio sicuri che sia chiaro a tutti come vada "orientatao" tensivamente l'eventuale ritornello?
A me sembra che quasi sempre gli esecutori, pardòn, gli "interpreti", rifanno esattamente la stessa cosa, anzi, nelle riproduzioni discografiche, casomai non fosse venuta bene la prima volta, prendono il ritornello e lo ripetono due volte (nel senso che nella parte di registrazione relativa al ritornello non fanno altro che reiterarla, ... tanto ...è la stessa roba !!!!)
Allora ripeto (appunto), la ripetizione non esiste da un punto di vista tensivo, nel senso che anche tre ripetizioni delle stesse cellule sono possibili (e anche più) il problema è come le ... orienti e in base a quale criterio.
E non mi basta certo come la "interpreta" l'"interprete " di turno, prima vorrei che mi dimostrasse che ha capito come "è", poi sono disposto a prendere in considerazione che e se lui la esegue come "è", e non come lui vuol farmi credere, in base a non si sa che, che sia come LUI pensa che sia: non vedo che diritto in più avrebbe e per investitura di chi (divina?), lui di impormi la sua, sono molto più disposto a prendere in considerazione la mia, allora, e se queste sono le modalità,
Raffaele vince (interpretativamente)!

repetita ... "non" iuvant

Inizierò a postare da oggi una serie di interventi, in parte elaborati da me (Fabio), in parte raccolti dai forum ove scriveva il M° Napoli in anni passati, relativi soprattutto a Punto Massimo e forma. Per cominciare, però, affrontiamo il problema della ripetizione. Praticamente tutta la musica, escludendo (forse) manifestazioni di sperimentalismo post-dodecafonico, si basano su ripetizioni, ovvero su cellule tematiche, o temi o comunque sequenze di note che si ripresentano. Se da un punto di vista visivo noi potremmo definirle ripetizioni, in fenomenologia il precetto è: la ripetizione in musica non esiste. Iniziamo l'argomentazione dal caso più macroscopico di ripetizione, cioè il ritornello.
Ritornello nella forma sonata: si o no? (2005)
quali ragioni strutturali renderebbero necessario il ritornello dell'esposizione?
E allora perché non fare anche il ritornello dello sviluppo?
E se si fa il ritornello, come si dovrà orientare la ripetizione ?
Diciamolo così: l'esposizione punta allo sviluppo, la ripresa compensa esposizione e sviluppo, ma la seconda volta dell'esposizione a cosa tende? A quale ragione strutturale risponde?
Possibile risposta di un utente:
"La ripetizione, appunto spesso facoltativa, ha la funzione di evidenziare gli elementi ed aiutare a ricordarli per preparare allo sviluppo...
Non pensare al fatto che oggi esistono i CD e quant'altro... della patetica conosciamo ogni nota e dunque la ripetizione sembra effettivamente solo una ripetizione... si può discutere anche di questo poichè un bravo interprete può anche cogliere delle sfumature diverse riproponendo lo stesso materiale, in ogni caso nel periodo cui appartengono le sonate classicamente concepite non esistevano mezzi di riproduzione, l'unico ascolto di brani nuovi era il concerto, appare logico che la ripetizione avesse la non secondaria funzione strutturale di imprimere nella mente dell'ascoltatore gli elementi principali di una composizione, anche per favorire la comprensione del loro sviluppo nella parte centrale. Tra l'altro quel che appare nella forma sonata, nella sinfonia etc. è presente in forma più o meno evidente in gran parte della letteratura musicale, basti pensare al concerto grosso, che spesso propone una sorta di ritornello tra una digressione e l'altra del solista o del concertino, esempio lampante la Primavera di Vivaldi..."
R: ... c'è un fraintendimento di non poco conto: confondi una necessità di ordine pratico con una questione strutturale e le metti insieme.
Le necessità della struttura non hanno nulla a che vedere con la poca o tanta capacità di attenzione degli uditorii di allora.
La cosa importante da chiedersi è: la struttura tensiva della forma sonata come funziona?
Ciò che i musicologi, nel tempo, hanno poi stigmatizzato come: esposizione - sviluppo - ripresa (ed eventuale coda) a quale necessità risponde?
Il difetto che lo studio corrente delle forme genera è quello di pensare le parti costitutive di una forma non come una necessità strutturale da una parte (come proiezione di nostre strutture percettive) e caratteristiche percettive, di ritorno, dall'altra, dell'umano: il compositore compone così perché siamo fatti così, l'ascoltatore capisce perché ritrova modalità che gli sono proprie essendo anche lui fatto così.
No! Le forme sono viste come contenitori a se stanti che poi il compositore riempie a suo piacimento, che potrebbero essere in un modo ma anche nel suo contrario, in nome della libertà del compositore, da un lato e dell'... interprete dall'altro, che ne fa, per ridargli vita sonora rispetto ai segni su carta, quel che vuole, "interpretando", appunto.
E' un po' come se pensassimo che il compositore si sia svegliato una mattina e abbia pensato fra sè e sè: "oggi voglio fare una sonata, ma non ho voglia di partire dall'esposizione, oggi no; faccio prima una bella coda, poi lo sviluppo, e se mi resta tempo scrivo la ripresa così è fatta anche l'esposizione, tanto sono uguali".
Ecco infatti l'altro koan: "che differenza c'è fra esposizione e ripresa nella forma sonata? "
--- Possibile risposta:
"Caro Raffaele, forse è il caso di far notare che la prassi e le regole non sono poi due cose così distanti; le regole, o la struttura, se preferisci, non sono altro che la cristallizzazione della prassi; ci siamo storicamente e culturalmente abituati ad alcune cose al punto di considerare come leggi naturali delle regole che invece sono storicamente determinate.
Sono ormai passati millenni dall'enunciazione del principio secondo cui la funzione dell'arte è la catarsi, e io credo che effettivamente sia così. Possiamo parlare di tragedie greche, di forma-sonata o di cinema, ma il punto è sempre lo stesso; una "cosa" che parte come descrizione, poi accumula tensione generando aspettativa, raggiunge un climax, sfoga la tensione ed arriva al rilassamento, ci fa sentire meglio; è per questo che la forma sonata si è affermata. Con questo si può anche rispondere al tuo ultimo Koan: che differenza c'è tra esposizione e ripresa e, aggiungo io, perchè nell'esposizione il secondo tema modula alla dominante e nella ripresa no? Perchè nell'esposizione si crea l'aspettativa, per cui la tensione che ci sarà poi nello sviluppo è già in gestazione, mentre nella ripresa la tensione si è già sciolta e si è raggiunta "la pace dei sensi". La differenza tra esposizione e ripresa è un po' come la differenza che c'è tra l'inizio di un discorso in cui l'oratore non è ancora entrato nel vivo ma sta scaldando l'ambiente, e la fine, quando tira le somme, ma in fondo quello che ha da dire l'ha già detto."

R: ... quello che dici è tutto condivisibile.
Allora si tratta di fare un ultimo, piccolo sforzo e considerare che il ritornello dell'esposizione, proprio per le ragioni che tu hai così ben descritto da un punto di vista tensivo, non ha senso.
Considera che nel momento in cui con primo e secondo tema il compositore ha esplicitato il contrasto e allora ha creato le premesse per portare questo contrasto alle sue estreme conseguenze nella sua sede naturale che è lo sviluppo, noi invece che facciamo? Per una convenzione ormai obsoleta, ripetiamo l'esposizione.
Sarebbe come se a teatro in un primo atto si presentasse all'apertura del sipario un vecchio signore con un a corona in testa e dicesse: "I barbari premono alle porte del regno e io, solo, devo difendere il mio popolo, a me tocca la decisione, chi potrà mai consigliare il re? ..."; e mentre lui continua il monologo entra una donna, anche lei con la corona in testa urlando : " ... Tuuuu, pensi solo alle sorti del regno, poco ti importa del nostro amore; mio padre aveva pensato ad un destino diverso per me...".Si chiude il sipario. Fine primo atto.
Ecco. Primo tema e secondo tema sono lì, ... esposti. Alla riapertura del sipario che accade?
Stesso vecchio signore che avanza e dice : "I barbari premono alle porte del regno e io, solo, devo difendere il mio popolo, a me ... etc"
Insomma si ripete tale e quale il primo atto?
Che senso ha? Magari possono dire tutto con voce più alta e parlando un po' più in fretta, ma da un punto di vista tensivo, proprio quello che tu hai così ben delineato, NON HA SENSO.
Tutti ci aspettiamo che ne sarà da un lato del regno e dall'altro del matrimonio re/regina. Allora? In realtà nel secondo atto vogliamo lo sviluppo!
Un consiglio. Dato che siamo animali spesso guidati dall'abitudine e poco avvezzi a fare sforzi o riflessioni fresche e primigenie, prova ad ascoltare se ne trovi o suonandole, ad eseguire composizioni in forma di sonata (vanno bene anche sinfonie di Mozart o Beethoven o di Brahms) senza il ritornello.
Dopo un po' ascoltare il ritornello ti darà un fastidio insopportabile. Ti risulterà di una ridondanza ingiustificabile.
Per le sinfonie abbiamo Celibidache che da un certo punto in poi della sua vita artistica non ha mai più eseguito i ritornelli.
Per le sonate per pianoforte puoi iniziare l'ascolto dalla ripetizione dell'esposizione così l'esecuzione passa direttamente allo sviluppo.
Capisco che ci vuole coraggio,ma assumersi delle responsabilità comporta inevitabilmente dei rischi.
A noi la scelta. Le due ipotesi sono: esecutore incosciente, latore della presente, quasi che dicesse: "io non capisco niente, vedete voi. Cerco di riportarvi il testo al meglio delle sue indicazioni. Cercate di capirci qualche cosa voi, hai visto mai che se ve lo suono come è scritto, magari voi riuscite a capirci qualcosa".
L'altra ipotesi è: "vi propongo di vivere con me il tragitto tensivo che la mia coscienza pura, del tutto uguale alla vostra, è riuscita a ... vivere, con l'auspicio che quello che io ho già digerito per voi, che a questo mi avete delegato in quanto esecutore, riusciate ,anche voi, a ... viverlo. Se mi frequenterete, vi renderete conto che di me potete fidarvi e che cercherò, per quanto sia possibile, di essere onesto nel non sovrapporre la mia soggettività alle ragioni della tensione oggettiva".
Questa potrebbe essere la dichiarazione di intenti, o forse meglio, la ..."poetica" del sublime esecutore.
E se andiamo a grattare, ci accorgiamo che Celibidache, Lipatti, Michelangeli, Lupu, Peraya, Oistrack, Joao Pires, Achucarro, Bream e qualche altro, questo hanno cercato di metterci a disposizione; Celibidache con in più la coscienza oltre che l'istinto (fra questi, nello specifico dei ritornelli, è l'unico che coerentemente non li esegue più).