sabato 31 luglio 2010

no-disk

Chi ha una conoscenza superficiale di Celibidache e della sua scuola, rimane perplesso di fronte al rifiuto da parte del M° di incidere dischi. Anche su questo aspetto non sono mancate polemiche anche aspre. Rimane il fatto, per contro, che questa sua posizione fu tra le cause (se non LA causa) che lo allontanarono dai Berliner nel 54, lasciando il posto a Karajan. Ha rilasciato numerose interviste in merito e quindi il suo pensiero, che cercherò di riassumere, è ben chiaro. Per un esecutore - artista, è fondamentale il continuo apporto dell'udito in fase esecutiva. Tutti i parametri, e in particolare il TEMPO di esecuzione, sono strettamente correlati all'ambiente in cui si opera. Se è così, come può una registrazione riportare questa relazione, se l'ambiente in cui si riascolterà la registrazione è un salotto, una cameretta, cioè uno spazio enormemente diverso da quello in cui è avvenuta l'esecuzione? E' impossibile. I cultori dell'Hi-fi, poi, dicono: ma la tecologia migliora sempre più... E Celibidache incalza: ancor peggio!! Se già le cose andavano male al tempo del "mono", dove tutti i suoni venivano captati da un solo microfono, i guai più grandi li ha fatto lo stereo e le tecnologie successive, dove numerosi microfoni consentono manipolazioni incredibili, montaggi e smontaggi, ecc. "Se durante un passaggio c'è bisogno di sentire un corno inglese, il direttore farà suonare più piano gli altri strumenti e un po' più forte quello strumento; con un impianto elettronico basta ruotare una manopola! Cosa c'è di musicale in questo? niente!!". Un solo microfono (e questo lo affermò anche Toscanini), per quanto possa modificare e snaturare un'esecuzione musicale, lascerà perlomeno tutto con le stesse relazioni: se c'è una fascia di frequenze penalizzate o esaltate, se il microfono stesso aggiungerà armonici e suoni propri, lo sarà su tutto il disco; quando si riprende con numerosi microfoni (anche diversi), quando tutto il flusso sonoro percorrerà km di cavi, passerà attraverso mixer e filtri vari, cosa potrà rimanere ancora relativo al contesto esecutivo e tra gli strumenti stessi? Chi pensa che ci possa ancora essere "fedeltà" (e si parla di "Alta fedeltà" ahah)... merita una risposta alla Don Alfonso: E' la fede (...) come l'araba fenice; che ci sia ciascun lo dice, dove sia... nessun lo sa. E' poi chiaro che non è stata da parte sua, nè dei suoi allievi, una crociata contro il disco. Ripudiò le poche registrazioni degli anni 40 con i berliner, soprattutto perché era ancora un Celibidache immaturo, ma era perfettamente a conoscenza che numerosi concerti venivano registrati e sarebbero stati pubblicati dopo la sua morte, ma questo "testamento" lo considerava ammissibile, proprio come una fotografia; oggi senza tanti video e registrazioni ci mancherebbe un esempio unico di magistero direttoriale. Ciò che non è bene fare, nelle sue come in nessun'altra registrazione, è andare a discutere termini esecutivi che potevano solo essere scelti lì e in quel momento; non mi è capitato di rado di sentire qualcuno (e forse io stesso) dire: "me lo ricordavo più lento (o più rapido)". Certo! Lontano dalla sala originale, dove si erano potute apprezzare (o no) determinate caratteristiche esecutive, tutto appassisce e perde rilievo.

domenica 25 luglio 2010

La strada dell'UNO

[altri interventi del M° Napoli in forum]

[...] E' la sempre ripetuta frase di Celibidache che: "il suono non è musica ma può diventare musica".
Che significa ?
Il suono di per sé non è la musica.
La musica si dà quando l'umano, avvalendosi del suono, ritrova, instaura, riconosce, RELAZIONI che trasformano la POLIversalità del materiale in UNIversalità.
Quando dico "intervallo di quinta", in realtà che cosa ho fatto?
Ho trasformato due fenomeni che altro non sono, dal p.to di vista fisico, che il risultato delle vibrazioni regolari di un corpo elastico da me percepiti attraverso una serie di meccanismi e con il concorso di "strumenti" (strumento emettitore, aria che veicola, timpano che vibra per simpatia, ossicini che trasmettono, nervo uditivo che regista, e fino a qui è suono, di per sé non definibile come musica.
Qui arriva la coscienza. Che fa?
Se la fonte erogatrice ha emesso, ad esempio, do e sol, la coscienza invece di lasciarli al loro destino puramente fisico, non potendo fare altro incessntemente, perché così funziona, li mette in relazione, spinta da una sua inesorabile modalità di funzionamento che la porta, colpita dalla molteplicità, a farne un UNO.
Ecco che quelli che erano due fenomeni fisici, che per comodità identifichiamo come do e sol, grazie alla coscienza che li unifica, diventano una sintesi (riduzione fenomenologica nel senso di UNIFICAZIONE) e come tale, essendo la sintesi, il risultato di un lavoro/capacità di messa in relazione (definizione celibidachiana di talento) la definiamo "quinta", ma in realtà che cosa è successo?
Quella molteplicità che era rappresentata da "due" suoni (fenomeno), grazie alla coscienza, diventa un UNO (noumeno) e il suono "scompare" e nasce LA MUSICA.
Allora "battere il tempo" , alla luce di queste considerazioni, cosa vuoi che c'entri con la sicurezza, l'insicurezza, il tactus, o le ragioni apparenti che deriverebbero dalla struttura.
Battere il tempo non ha niente a che vedere con una scansione dettata dal materiale, alla base c'è una nostra ineliminabile necessità derivante dal fatto che per poterci appropriare di qualunque fenomeno esterno a noi, abbiamo bisogno che sia articolato, altrimenti per noi c'è l'indifferenza e il fenomeno, non "cor-rispondendo" alle nostre caratteristiche di appropriazione, resta tale e la nostra coscienza se ne disinteressa.
Il gesto è il veicolatore di ben altro, quindi non è che "attraverso il gesto" esecutori ed ascoltatori...
Certo questa è la sintesi, ma se è sintesi, vuol dire che prima c'è stata, si auspica, una analisi.
Ora quindi, quel gesto esprime: scelte di "ordini di priorità ", scelte di "equilibri", scelte di fattori concorrenti ad esplicitare la forza interna dei fenomeni (la tensione) attraverso la forza "esterna" (la dinamica) di cui il direttore e gli esecutori dispongono, il che porterà poi all'ultima scelta che è quella risolutiva: la scelta del "tempo" di esecuzione quale condizione nella quale la molteplicità possa diventare Unità.
E per arrivare ad operare queste scelte, che strumento "usa" il direttore?
Eh, grazie, ma è proprio questo ciò di cui stiamo cercando di venire a capo, altrimenti si potrebbe pensare che il direttore è un "escogitatore" di gesti utili a far sentire ... sette note.
Fossero questi i problemi, niente è più facile, se tutto si riduce ad un mero "escamotage" tecnico.
Molto più complesso invece è accettare di entrare nell'ordine di idee che fra il gesto e la sostanza c'è assoluta IDENTITA' e allora prima di tutto bisogna ragionare e venire a capo del "che cosa" e questo comporterà inevitabilmente la ricerca del "come" corrispondente.

Domanda: "come facciamo a dire che solo Celibidache "verificatamente ha detto qualche cosa?"

R: verificando. Anche questa risposta è di stampo "metodologico".
A fronte di possibili ipotesi per "verifiche" intendo: anche tu, dotato come ogni umano, di coscienza (che funziona per "contrasti", per "messe a confronto") proprio mettendo a confronto tesi/ipotesi differenti, ti accorgerai che gira e gira, alla fine il prepotente bisogno di UNIficazione (UNIversalità) caratteristica ineliminabile/strutturale della coscienza ti porterà a "riconoscere" ciò che è più pertinente. L'adesione quindi ad una tesi (in questo caso quella celibidachiana) non verrà in quanto una fra le tante, ma perché ... avrai verificato che è vivibile, efficace, (unica vorrei dirlo, ma capisco quanto possa risultare forte).

Decisivi diventano i criteri. Se il criterio è di tipo uman/affettivo (chi non ha bisogno di transfert per "accettare" le tesi di un professore? E allora, anche se temporaneamente, è naturale che lo ritenga IL MAESTRO).
Poi è auspicabile che , una volta interiorizzata la poetica di un maestro, se ne prendano le debite distanze in base a criteri, ordini di priorità, metri di valutazione.
Ora ci sono Maestri che lavorano anche su questo fronte (e Celibidache è stato il Principe di questa metodologia): la ricerca di ordini di priorità e criteri di valutazione. Poi si sottoponevano a ... "svisceramento" fino allo sfinimento, tutte le cose che venivano proposte, a cominciare proprio da quele da lui proposte, quindi non era "questo è così perché lo dico io che sono il Maestro che tu reputi tale e perciò intoccabile"; macché, era: "parliamo di questo" e poi socraticamente (nel senso della maieutica) sviscerare, nel senso letterale del termine, ogni aspetto possibile, e partendo da ogni prospettiva possibile.

D: "Inoltre, se pensiamo a dieci direttori professionisti diversi, ciascuno è convinto intimamente di esprimere la Musica ai massimi livelli! Per continuare nella mia vecchia similitudine, ciascuno si crea una sua geometria (in sé coerente): come facciamo a distinguere tra i sistemi totalmente autoreferenziali (che creano un mondo internamente logico ma assurdo partendo da postulati assurdi) e quelli buoni?"

R: Qui c'è una risposta importante: la tua coscienza sarà la misura, ma sta a te fare un po' di palestra per avere la certezza che la tua coscienza abbia strappato il famoso velo di Maya e sia finalmente "pura" nel rapportarsi. La strada è quella dei "no". Così no, così, no, così no nella speranza che si faccia sempre più strada dentro di te l'unico SI.

giovedì 22 luglio 2010

Invenzioni e scoperte

Credo che molte persone non si siano mai soffermati sul pensiero di quanto, in musica, ci sia di invenzione e quanto di scoperta. E' un argomento che ha suscitato polemiche anche piuttosto aspre, e non si capisce perché! In effetti non poche persone ritengono che la scala e l'armonia tonale siano un retaggio culturale, e pongono a confronto il fatto che altre culture utilizzano scale diverse (ma il più delle volte non armonie). Ora non credo si possa discutere sul fatto che qualunque corda tesa, messa in vibrazione, produce un suono e tutti gli armonici che scaturiscono secondo un principio fisico universale. Altrettanto innegabilmente questo fenomeno è uguale in tutto il mondo. Che l'armonia (ma anche la scala) tonale derivi naturalmente da questo principio non credo che necessiti di discussioni. Dunque, credo si possa dire serenamente che i principi strutturali su cui si basa il nostro sistema musicale siano stati una SCOPERTA di principi fisici eternamente presenti e immutabili. Ora non voglio avventurarmi sulla strada secondo cui altri sistemi musicali, a partire dalla dodecafonia, siano state INVENZIONI, che quindi non si basano su alcun principio fisico, ma, dovendo sottostare comunque a leggi fisiche, non accontentano il musicologo frettoloso che ritiene che la serie (qualunque) persegua un gioco "democratico" secondo cui in questo modo non esiste più un tono principale: lascio la discussione a tempi futuri; ciò che ora mi preme sottolineare è che il M° Celibidache, dopo una infinita serie di esperienze "laboratoriali" sul gesto, arrivò a codificare una disciplina gestuale direttoriale che se in un primo momento poteva sembrare di semplice condivisione, culturale, convenuta, con l'affinamento e il perfezionamento è risultata anch'essa scoperta di leggi fisiche del tutto naturali, per cui la sorpresa cui si va incontro in quest'arte è che la Musica, in tutte le sue componenti, e i principi fisici che guidano l'uomo nella sua realizzazione, vuoi di singoli strumenti, così come il canto, che un'attività apparentemente astratta come la direzione, ricadono esattamente nella stessa logica e conducono alla base della ricerca della nostra coscienza: fare UNO!

martedì 20 luglio 2010

Segreti

[Intervento del m° Raffaele Napoli su forum - 2007]

Qui intervengono i famosi "segreti" professionali, quei distillati di esperienza che hanno due possibilità: o si rivelano degli espedienti, nel senso che ognuno elabora un sistema col quale si ... "arrangia" come può e ogni tanto gli va pure, empiricamente ma casualmente, bene ma senza nessuna possibilità che l'espediente trovato dia garanzie costanti di efficacia, oppure si lavora all'acquisizione di un codice. Cosa significa? Vuol dire che il tuo fare ha una guida: l'attenzione costante al rapporto tentativo/risultato. Se provando un certo "modo" quello si rivela discontinuo, lo elimini. Resta , invece, e quindi diventa codice quel "modo" che puntualmente ottiene i risultati voluti.
Si tratta poi di andare alla fonte (cercare e trovare un ... MAESTRO) la cui "efficacia" di risultati sia costante e affidabile. In altri termini, si può anche tentare di arrivare alle cose da soli, il rischio è da un lato di scoprire l'acqua calda e quindi perdere un sacco di tempo, oppure,se quello che ti interessa è fare davvero, cercare nel tempo ... giusto, di imparare una tecnica ... laser, che ti metta cioè in grado di arrivare agli scopi prefissati senza dispersioni.

Per ottenere più suono ci sono due ..... tecniche.
1) l'ANTICIPAZIONE. Si tratta di anticipare nella metà del movimento precedente il movimento successivo. Ad esempio stai battendo un 3/4 (figura di riferimento: triangolo - 1 in battere, 2 a destra. 3 in alto sulla verticale dell'1 ) e hai bisogno di più suono perché gli archi non sono abbastanza presenti in base al contesto di quel momento?
Allora: se immagini il percorso di ogni movimento contenente la sua suddivisione (ma senza indicarla suddividendo il gesto) come ù-no, dù-e, tré-e, per ottenere più suono farai ad esempio, con il gesto ovviamente, ù-no, dù-tre, é-e, in pratica ANTICIPI il movimento del tre alla metà del due. Questo è efficacissimo. In pratica diventa una specie di ... sincope gestuale ma che si rivela una bomba di risultato.
2) Dirigere le ... ottave. Generalmente i direttori hanno poca coscienza del fatto che il gesto ... suona.
Franco Ferrara, l'unica volta che l'ho incontrato, mi disse, mentre stava dirigendo un ... incapace: "ah, se la bacchetta suonasse..." come dire: questo sta facendo un disastro, non c'è alcun rapporto fra la musica e quello che lui fa, eppure l'orchestra continua a suonare quando, invece, in base a quello che lui sta facendo, dovrebbe fermarsi.
Questo trova conferma nella indicazione che Celibidache dava all'orchestra di Monaco durante i corsi di direzione: "per corstesia suonate esattamente quello che lui dirige, altrimenti non si renderà mai conto di quello che sta facendo e della relazione che c'è fra il suo gesto e il risultato e si illuderà di essere lui a dirigere quando invece è semplicemnete l'orchestra che suona indipendentemente da quello che lui fa".
Allora ? Il gesto in realtà ... suona, non è solo simbolico, nel senso che non è una semplice convenzione. E come "suona" il gesto ? Avvalendosi della tridimensionalità. Noi viviamo in uno spazio tridimensionale e il gesto vi corrisponde.
Allora se hai bisogno di più suono nei contrabbassi, per indurli a dare più suono (se non basta quello che in quel momento, in relazione al contesto, stanno dando) amplierai il gesto verso il basso, quasi ad andare a prendere ... in cantina tutta la profondità della gamma che un contrabbasso offre. Questo vale anche per il contrario: se i contrabbassi stanno dando ... troppo, conterrai il gesto battendo in un ambito che non affonda mai verso il basso (spaziale) costringendoli (o meglio non autorizzandoli) ad "allargarsi" troppo.
Beh, devo dire che quelli che sembravano "espedienti" o "pannucci caldi" buoni per Celibidache e non sempre affidabili, si sono rivelati .... CODICI e funzionano. Certo non puoi pensare di dirigere sempre anticipando o "ottavando", queste sono le "risorse aggiuntive" quando l'ordinaria amministrazione non basta.
9) con quale gesto si ottiene un pianissimo ?
il modo più efficace per ottenere un pianissimo dall'orchestra è quello di ... bloccare i gesto dove si trova nel momento in cui è necessario ottenere il pianissimo
(nel senso che resti con le braccia all'ampiezza e all'altezza alla quale ti trovi e semplicemente riduci quasi a zero il movimento)
L'efficacia è tale che le prime volte rischi la sindrome da ... superuomo, nel senso che pensi "caspita ma allora sono proprio io a dirigere ... (...se so cosa fare)
Molti, e qui denunciano ( ... o tradiscono, fate voi ) il loro assoluto dilettantismo, si prodigano in rimpicciolimenti, riavvicinamenti delle braccia verso il centro e quello che è più grave, bruciando completamente la dimensione più sottile e delicata del gesto: la profondità.
Allora cosa fanno? avvicinano le braccia al corpo; qualcuno, poi non pago di tutto questo, assume una posa prossima all'... evacuazione, piegando un po' le ginocchia e quasi sollevando il ... popò.
L'orchestra , probabilmente, accortasi fin dalle prime battute delle inesistente presenza "utile" del direttore, non può far altro da un lato che arrangiarsi dato che è abbandonata al suo destino, e dall'altro, qualcuno ormai col ..."callo" del suonare ... indipendentemente da quel pinguino che sta sul podio (e quindi avvezzo a fare senza) si gode la pantomima e se la ride.

Ogni concerto, in una prima fase della sua esperienza direttoriale , oltre 400 concerti con la filarmonica di berlino in 7 anni, fatti non come qualunque altro a quel livello con un'orchestra similare (vedi Solti con Chicago, o qualunque altro stabile con la propria), visti gli esiti, senza una autoanalisi, ma servendosi al meglio di quella opportunità: un orchestra ... attendibile e per attendibile intendo pronta ad assecondare e un direttore autocoscienzioso.
Allora, ad esempio il problema pizzicati tutti assieme e non i soliti arpeggi. Bene se un certo gesto è alterno nella sua efficacia, una volta va e na volta non va, lo elimino, ma se avendo intuito che dietro c'è altro (come l'ha detto bene chi ha scritto qui che dietro a ogni mela che cade c'è una legge, ma ci vuole anche un Newton che la riconosca e la spieghi, e non che chi è incapace di riconoscerla, dice che non c'è e per lui è solo caduta una mela ...) e cercando di dare sostanza a quest'altro (gravità, ricerca dell'unità, coerenza fra forma e sostanza, etc, etc) sperimento un gesto che si rivela puntualmente affidabile, questo diventa ... "CODICE", tanto che poi si può arrivare a dire: il pizzicato si fa ....COSI'!

domenica 4 luglio 2010

Dall'io al noi

(commenti del m° R. Napoli su forum - 2007 -)

[...] alle "dinamiche" autoreferenziali, peraltro così diffusamente proposte, propinate, perorate, cerchiamo di andare oltre, cercando invece ciò che possa fare riferimento a quanto di "oggettivo" sia verificabile e testimoniabile. E' un tentativo, finalmente, di passare dall'IO al NOI, dal soggettivo autoreferenziale al confluire del soggettivo nell'oggettivo.

In definitiva è la solita storia dell'interpretazione: come la senti tu si qualifica come UNIversale soltanto nel momento in cui si avvicina o coincide a/con come la "sentono" tutti in base alle dotazioni del modello base di cui tutti disponiamo per vivere in questo ambiente fenomenico.
Se invece resta soltanto una manifestazione individuale, restiamo ancora nel campo del....POLIversale e allora ognuno è liberissimo di comunicarcela e magari di trovere pure "adepti" che la condivideranno (il mondo è bello perché è vario), ma questo modo ha poche opportunità di risultare per ciascuno di noi umani interessante perché è fortemente minato da un altro modo che inevitabilmente avrà la precedenza: il MIO (ovviamente, quindi, il mio inteso come ... ciascuno il proprio)

Perché dovrei dare più credito al ...TUO se è solo tuo? Francamente, allora, preferisco... il mio... E così via , insomma,siamo ancora all'interpretazione come arbitrio.

Uscire dall'EGO e dalla soggettività per trovare ciò che di oggettivo ci accomuna.

Non esiste una "esecuzione fenomenologica".
Esiste una esecuzione e basta.
L'arbitrio si commette da parte, in primis, dell'esecutore che essendo deputato a rendere sonoramente ciò che l'autore ha stenografato sulla carta, non dovrebbe ignorare alcuni dati fondamentali, due in particolare: da un lato le caratteristiche del suono, dall'altro come il suono interagisca con la coscienza umana.

L'ascoltatore non è che deve conoscere la fenomenologia, in realtà reagisce per come funziona. Certamente come per tutte le branche dell'umano manifestarsi un po' di dimestichezza (leggi "cultura musicale di base" ) sarebbe richiesta.

Qui insomma si pretende di assistere a letture di poesie arabe senza conoscere l'arabo.
Ci sono alcuni dati basilari che prescindono dalla cultura. Come dico spesso fanno parte della dotazione del modello base per stare in questo mondo fenomenico.
L'articolazione, ad esempio è un requisito fondamentale che deve possedere qualunque fenomeno esterno a noi per essere per noi "appropriabile".
Se un esecutore fa un accento su ogni battere di una misura e non tiene conto delle articolazioni, abbassa tutto all'articolazione più primitiva e allora non rende giustizia a ciò che ha scritto "umanamente" l'autore.

Ora quindi la domanda è un'altra, in realtà: "quanta fenomenologia bisogna conoscere per fare e ascoltare musica?"

Bene, la fenomenologia con il "saper fare" e il "saper ascoltare", alla fine non c'entra nulla ai fini della MUSICA.

Finché stiamo a livello fisico, dei fenomeni, allora la fenomenologia è in grado di "ragguagliarti" su tutto ciò che ostacola il passaggio dal suono alla musica, ti dice insomma tutto quello che musica NON E'.

Che cosa invece "è" musica, è indicibile. Il processo va solo vissuto, perché nel momento stesso in cui tu fissassi dicendo " questo è musica" ne avresti sancito (della musica) il limite, ed è questo che è improprio per un processo di libero funzionamento della coscienza.
Certo per avvicinarci possiamo dire: "tu sei la musica", "l'umano è la musica"," il suono non è musica ma può diventare musica".
Ma questo è solo per aiutarci a vivere quel processo indefinibile.

E' molto più semplice di quello che possa sembrare.

Chi ha composto ad esempio la Marsigliese, credi che abbia fatto un ragionamento ..."fenomenologico" ? Eppure ha istintivamente aperto su un intervallo di quinta facendo : sol - sol - sol - do - do - re- re- SOOL - mi - do
Prova a fare : sol - sol - sol - do - do - re- re - FAA - fa - mi e ...."senti" se è lo stesso effetto di ESTROVERSIONE che una quinta ascendente inevitabilmente porta con se. Se avesse aperto sul FA, in realtà avrebbe fatto una quinta inferiore (se provi a cercare il fa, partendo da do, nel circolo delle quinte superiore, non lo trovi. Lo trovi invece come, sempre partendo da do, quinta inferiore ).

Quindi un conto è ciò che deve sapere su come NON E' il professionista con l'auspicio che dai tanti no gli nasca dentro il vissuto dell'unico SI'.
Che questo debbe far parte anche del vissuto di un ascoltatore "medio", è auspicabile, proprio perché se manchi completamente di "cultura musicale di base", cosa pretendi che siano le sole "orecchie" a farti appropriare...di che?
Delle vibrazioni regolari di corpi elastici? perché questo e non altro è il suono. Altro è cogliere le relazioni che si instaurano fra i suoni: grazie, da qui in poi intervalli, ritmi ,armonie e relazioni fra parti, necessità di passare dalla molteplicità dei fenomeni all'Unitarietà dei fenomeni e quindi al quel moto della coscienza - definizione impropria ma avvicinantesi per approssimazione - che si avvale del suono e vi porietta se stessa per alcune affinità fra suo modo di essere e quel materiale, che chiamiamo MUSICA.