martedì 22 marzo 2011

... prosegue...

1) secondo voi vi è un'opera per organo dove si senta la mancanza di dinamiche?

- R. : In tutte se ne sente la mancanza.

2) Ovvero, se l'autore ne avesse avuto la possibilità, le avrebbe inserite?

- R. : qui si apre una questione più interessante. In generale non è che è solo in base alle indicazioni del compositore che l'esecutore fa uso della dinamica.
Da un lato c'è il compositore che scrive ad esempio "f" (forte) e così definisce un ambito dinamico. Ma questo è solo un aspetto. Infatti non è che il compositore, per ogni nota, scrive con quale dinamica debba essere resa sonoramente. Si aspetta che il resto lo metta l'esecutore, solo che con il tempo la coscienza si è andata obnubilando e l'attenzione alle relazioni tra i suoni si è andata perdendo. Si tratta di recuperarla...

Ora: questo cosa vuol dire ?

Un esempio pratico: inizio della strafamosissimissima sinfonia n° 40 di Mozart . K. 550, sol minore.

Alla prima misura Mozart scrive "p" (piano). Bene. Tutto risolto ?
Uhm. La prossima indicazione dinamica sarà data da Mozart a metà di misura 16 : "f" (forte).

Che si fa ? Un filologo ....ragio-niere ...ragio-nerebbe (eh, eh, eh) così: c'è scritto piano? Io faccio piano. Arriva il forte? Io faccio forte. Mica si scherza, io sono un filologo e faccio esattamente quello che c'è scritto, mica mi permetto licenze, io sono uno che:
1) attraverso ricerche su documenti attendibili cerca di avere sott'occhio un testo originale o a quello più fedele possibile (ottimo, questa è la cosa più meritoria che possa fare la filologia)
2) suona con strumenti originali (e fino qui...),
3)cerca di riprodurre stilemi e prassi esecutiva dell'epoca (e anche questa passi...)
4) mi attengo scrupolosamente alle indicazioni del testo (qui invece casca l'a... Se attenersi ...scrupolosamente vuol dire appunto che GUAI se anche una nota sola di quelle contenute nelle 15 misure e mezza viene men che meno [o più che meno...] diversa dal piano iniziale che io esecutore ho deciso di ...adottare, allora significa che non sto rispettando la volontà dell'autore).

Sembrerà paradossale questo modo di procedere che io attribuisco al ...filologo. In realtà molta filologia di questi ragionamenti si pasce.

Questo mio argomentare cosa vuole arrivare a dire? certo, nel corso del XX secolo siamo arrivati anche a compositori che scrivevano una indicazione dinamica sotto ogni nota.
In realtà non si tratta di arrivare a questi eccessi. La domanda è sempre quella: la dinamica a che serve?
Ora quindi per rispondere compiutamente alla seconda domanda: non è solo, per il compositore, un problema di averne o meno l'opportunità, lui scrivendo la dinamica indica UN AMBITO (che risponde ad una logica di creazione, anche in ambito dinamico, di ...contrasti. Ma va ?...Oh, ma guarda un po'...)
All'interno di questo ambito l'esecutore dovrà avvalersi della dinamica per chiarire tutte le relazioni ...tensive che animano il brano nel suo evolversi.
Per tornare al nostro esempio Mozartiano, il : mib-re-rè-e/mib-re-rè-e/mib-re-rè-e-sib/sib-la-so-ol/sol-fa-mi-ib/mib-re-do-o-do-o , ha fatto scervellare intere generazioni di "interpreti" su come si dovesse eseguire dinamicamente quella serie di ripetizioni mib-re-rè-e.
La musica sta ...anche tutta qui.

La dinamica è la forza estrinseca di un fenomeno, della quale noi disponiamo - ci avvaliamo - per rendere evidenti le relazioni tensive ...intrinseche. Questo vuol dire che quelle ripetizioni hanno un valore tensivo intrinseco cioè indipendente dal nostro volerglielo attribuire o meno: ce l'hanno e basta. La partita si gioca quando arriva la nostra volontà di "sonorizzare" una pagina scritta. Eh, ...qui arriva il bello. Tutti saremo nudi: si capirà , proprio da come renderemo attraverso la dinamica quella pagina scritta, che cosa abbiamo capito delle relazioni esistenti fra quei fenomeni. E qui , scusate, ritorna sempre la mia domanda: in tutto questo cosa c'è di ..."interpretabile" ? Niente. Qui si tratta solo di ...riconoscere qualche cosa che è solo lì pronto per farsi ...riconoscere appunto.

La folla delle domade è inimmaginabile. Eccone a raffica alcune:
1) QUANTO piano e QUANTO forte (su questo allora si è basato il mondo ...effimero dell'"interpretazione". Ognuno, sempre che non arrivi l'eccesso, cioè il Pogorelich della situazione che per ...stupire, dove c'è scritto forte fa piano e viceversa: Ma qui...
Invece normalmente, dando per scontata una volontà ...sana di rapportarsi alla pagina scritta da parte dell'"interprete", è come una fiera del "sentiamo lui come la fa..[ in base a come lui la sente ] " contrapposta ad un'altra, che io peroro: "sentiamo se lui la fa ...come è ..."

2) Per 15 misure e mezza, come ci dobbiamo comportare? Tutte le note saranno dinamicamente ...uguali? Guai a chi ne farà una differente da un'altra perché altrimenti non sta rispettando il testo?

3) La dinamica non ha anche un legame imprescindibile con l'altezza?

4) L'autore quando ha scritto piano all'inizio ha inteso appunto tutto piano alla stessa maniera o ha definito ...un ambito ?

Troppi problemi ... mi farei ? ...o sono problemi reali ?

Con grande affetto e rispetto per il diritto a vivere la musica da parte di tutti noi con libertà e onestà, possibilmente senza lati oscuri o nebbie, cercando con l'aiuto vicendevole di domande e risposte, di fare chiarezza.

Intensità e tensione (continuazione)

Il guaio è che lo sviluppo tensivo è indipendente dallo strumento, nel senso che lo strumento non intacca la tensione interna del fenomeno, serve solo ad esplicitarla.

Questo è il cosiddetto diagramma intensità/tensione.

Intanto differenza fra intensità e tensione.

La tensione è la forza interna, intrinseca al fenomeno, l'intensità è quella esterna.

Nel confronto fra l'accordo ( fenomeno ) do-mi-sol-do (1) e l'accordo do-re-sol#-si (2), indubbiamente il secondo è intrinsecamente più teso del primo.

Ora che io suoni fortissimo o pianissimo sia l'uno che l'altro, gli accordi non cambiano, la loro tensione intrinseca nessuno gliela può togliere: quella è e quella resta.
Quello che cambia è la possibilità di esplicitare la tensione interna del fenomeno.

Ora se suono 1 piano e 2 forte, avrò fatto un abbinamento naturale, secondo la tendenza naturale e cioè:
poca tensione (pT) - poca intensità (pI), molta tensione(MT)- molta intensità (MI).

le variabili sono 4.
pT-pI
MT-MI
pT-MI
MT-pI

Questo offre l'opportunità di lavorare ad un livello sottile, ecco il musicista che se ne fa ...interprete? Non è meglio dire esecutore? Io , ormai si è capito che propendo per la seconda. Cosa c'è di interpretabile in quanto ho appena scritto? Si tratta solo di ... riconoscere.
Ecco, per fare un esempio concreto: Pogorelich riconosce e fa il contrario per stupire?, o penso, spesso, non riconosce affatto e pensa di poter fare come crede?

Il discorso diventa straordinario, ed ecco sempre l'opportunità concessa al musicista, quando il livello sottile di contrasto (che crea tensione generale del fenomeno e il brano come successione di contrasti) avviene fra tendenza naturale e contrasto alla tendenza naturale.

Eseguire piano la poca tensione e forte la molta tensione, va da sé(diciamo così)
Ma(ecco l'importanza della dinamica), io posso (io compositore e conseguentemente io esecutore che lo ...riconosco) giocare con queste variabili e scrivere fortissimo un accordo poco teso e pianissimo un accordo molto teso. Questo crea un contrasto con la tendenza naturale e allora, ...aumenta la tensione generale del fenomeno.

Se io dico gridando: ADESSO BASTA!
Questo va con la tendenza naturale: espressione molto tesa, dinamica ...fortissimo.

Ma se io dico lentamente, quasi scandendo le sillabe e sottovoce : a-des-so ...ba-sta

In realtà questo aumenta ENORMEMENTE la tensione generale del fenomeno e sei sicuro che l'atto successivo è che ...passiamo alle mani.

... continua

Subito un esempio concreto.
Concerto brandeburghese n° 5. Diciamo che è un concerto per flauto violino clavicembalo e orchestra. Dalla misura 154 alla misura 218 si scatena un vero e proprio concerto nel concerto.
Il clavicembalo resta solo e per 65 misure è il padrone assoluto dello spazio sonoro.

Fra la misura 166 e la 167 c'è una imitazione che la mancanza di escursione dinamica rende difficile da percepire, fra le misure 173 e 174 c'è una imitazione di crome che ha lo stesso problema, dalla misura 203 inizia un lungo pedale sulla nota al basso "la"; la dinamica di quei la, puntuali, imperterritamente presentanti se stessi sul primo e sul terzo quarto è inesorabilmente sempre la stessa, l'escamotage usato dai cembalisti è quello di intervenire ritmicamente,esitando o tirando, ma dinamicamente non possono intervenire per chiarire la funzione tensiva di ognuno di essi.
E' solo un esempio, ovviamente fra i mille possibili in presenza di questo strumento ... da solo.

Ora non vorrei risultare blasfemo per aver osato toccare il monumento Bach... ma siamo tutti chiamati ad un grande sforzo per stabilire relazioni fra parti, quando timbricamente tutto è appiattito in un imperterrito ed inesorabile risultato sonoro ... omogeneizzante.

Però provo a fare un ragionamento .. semplice semplice.
Dalla corda pizzicata da becchi d'oca (sistema dei salterelli) senza possibilità di intervento dinamico, il buon Cristofori ( costruttore, bada bene, di clavicembali ) che fa? inventa il sistema dei martelletti che percuotono la corda e chiama lo strumento, ma guarda un po', piano-forte. Insomma la dinamica ...urgeva alle porte.
Tutto però non si può avere e anche nel pianoforte permane un problema: la durata del suono.
Rispetto a fiati e archi che possono mantenere dinamica e durata senza alterare la caratteristica del suono, nel pianoforte il suono una volta prodotto non è più controllabile e poca cosa risulta l'intervento ... artificioso dei pedali: il suono appena prodotto ha un carattere percussivo, poi, grazie al pedale (intervenuto più tardi nel pianoforte) permane, ma modificando la sua caratteristica dato che sulla dinamica del suono non è più possibile, una volta percossa la corda, intervenire.
Certo, possiamo dire che sono due cose diverse (il clavicembalo e il pianoforte), ma quello che mi interessa è la ...istintiva necessità dell'uomo di dotarsi di strumenti con caratteristiche tecniche che consentano di passare dal suono alla musica; ora, privare il suono della dinamica necessitava di un tentativo di evoluzione e probabilmente questo ha spinto l'umano ad evolvere gli strumenti in questa direzione, nessuno escluso, quindi anche il clavicembalo.

Si fa musica con organo e clavicembalo?

(intervento del M° Napoli su forum - 2005)
L'unico mezzo che abbiamo a disposizione per esplicitare la tensione interna ad un fenomeno musicale, cioè quella generata dai contrasti fra i componenti, è la dinamica.

Se questo ci risulta chiaro, diventa difficile pensare quanta musica sia possibile eseguire sull'organo e sul clavicembalo.

Nell'organo la cosiddetta espressione si ottiene con la apertura e chiusura di veri e propri sportelli che lasciano venir fuori o attenuano il suono prodotto dall'aria passando attraverso le canne.
Il problema sta tutto qui.
Sulla produzione del suono lo strumentista non ha alcuna possibilità di intervento. L'aria emessa è quella e basta e il tutto avviene indipendentemente dal controllo dell'organista, in modo meccanico c'è una pompa, un tempo ... umana con mantici mossi a mano, oggi elettrica, che immette aria nelle canne senza controllo sulla quantità di emissione (per analogia, uno strumentista a fiato si gioca la dinamica in base alla pressione... di fiato che esercita immettendola nello strumento; questo sull'organo non avviene, la pressione è costante...).
Certamante gli sforzi degli organisti sono tutti tesi ad avvalersi di altri mezzi (la ricchezza e la varietà delle registrazioni, il gioco multiforme delle articolazioni ottenuto differenziando gli staccati e i legati), ma purtroppo la dinamica è praticamente impossibile da controllare.

Per il clavicembalo il discorso è un po' diverso. Ma attiene comunque alla produzione del suono.
Un piccolo dentino pizzica la corda e questo è tutto. Il tragico è che sfiorare o ..."pestare" un tasto per produrre il suono, non ha alcuna, se non minimissima influenza rispetto al suono che viene prodotto dallo strumento.
Probabilmente in piccoli ambienti qualche differenza il clavicembalista esperto riesce a metterla in campo, ma nelle sale da concerto odierne, le poche sfumature concesse sono praticamente impercepibili e allora gli sforzi si vanificano.

Ora la riflessione potrebbe essere che questi strumenti , date le loro caratteristiche costruttive, ci offrono una lettura ... inespressiva di un brano musicale, quasi un piccolo rompicapo rimesso alla capacità dell'ascoltatore di operare lui la strutturazione degli ordini di priorità. Insomma una sfida alle capacità di comprensione dell'ascoltatore.

In pratica in una fuga, ad esempio a quattro voci, visto che è impossibile da parte dell'esecutore avvalersi della dinamica per esplicitare l'ordine di priorità fra le voci e risultando quindi le parti ... complanari ed equivalenti da un punto di vista dinamico, la strutturazione, diciamo così, spetta all'ascoltatore...

martedì 1 marzo 2011

L'ascolto "vergine"

Una delle cose "difficili" da ottenere da chi oggi si appresta ad ascoltare un brano di musica "classica" di repertorio, è che questo ascolto sia puro, vergine, vale a dire non inquinato da confronti. Di per sè è quasi impossibile, si sa, ognuno conserva in memoria talvolta persino i particolari più insignificanti anche di diverse edizioni. Ricorda una trasmissione, dove un padre e un figlio scommettevano di riuscire a riconoscere una versione di un certo brano tra oltre 50 (se non di più). E mi pare che riuscirono nell'impresa. Questo della memoria è un dato del tutto superfluo. Quando si inizia l'ascolto di un brano, "tac", scatta subito il meccanismo e si comincia a notare che la "velocità" (ehehe) è più... che quel particolare di qui o di là si sente o non si sente, che quegli strumenti qui son più brillanti... per poi finire ovviamente in tutte quelle pastoie legate al "suono" dell'incisione... già; non bastava il problema del suono strumentale da far diventare musica, ci voleva pure il suono "hi-fi", che poi è una montagna di problematiche elettroniche, che con la musica nulla possono avere a che fare, anzi che proprio collidono con essa. Ma parliamo pure anche del concerto in sala. Così come un vero esecutore dovrebbe riuscire a scrollarsi di dosso ogni e qualsiasi altra esecuzione ascoltata o partecipata, e affrontare ogni nuova esecuzione (o ciclo di esecuzioni) con lo stesso fanciullesco candore, così anche l'ascoltatore dovrebbe ripartire ogni volta da zero. E' senz'altro difficile, ma è un'esperienza fondamentale, per chi voglia tornare a dialogare con la musica allo stesso livello, che è un livello, per l'appunto, fanciullesco, cioè, forse meglio, come se fossimo ancora all'alba dell'umanità. Chi dice di non capire la musica, è come uno che guarda un tabulato di codice macchina binario di un computer e non si capacita che magari quella è una lettera scritta poc'anzi! Certo, la complicazione e le sovrastrutture che l'umanità ha creato in milioni di anni, ci rendono sordi agli stimoli della nostra coscienza; dunque il primo, già difficilissimo passo, è quello di rendersi umili e semplici di fronte a lei; se partiamo già a "giudicare", ci siamo già tagliati la strada. Con questo, i confronti possono essere utili e importanti, a livello di studio, PER CHI STUDIA!.