sabato 4 febbraio 2012

Sull'ascolto

Un pensiero che spesso mi è balenato per la testa quando ho frequentato Celibidache (e potrebbe accadere a chiunque al contatto con un grande musicista) era: "vorrei avere per un giorno le sue orecchie".
Cercavo di sintetizzare così: la sua capacità analitica, la sua capacità di ascolto sintetico, la sua competenza, le sue ...strategie di approccio, i suoi ... ordini di priorità.

Questo era dettato non tanto e non solo da un bisogno di ...identificazione che è fattore ineliminabile del rapporto maestro/allievo in una prima fase, quando ancora non lo hai ...ucciso per scoprire che il maestro sei tu, quanto dal voler diventare cosciente e padrone del gap esistente fra te/me/noi/voi e lui per meglio comprendere dove volesse andare a parare con ciò che ci spronava a sperimentare nel rapporto col suono affinché ne cogliessimo gli elementi che gli consentono di diventare musica.

Fatta questa premessa, sono assolutamente incuriosito da un processo esattamente opposto:
avere per un giorno le orecchie di chi si avvicina alla musica per ..., e qui ognuno avrà le sue legittime motivazioni, e la ascolta.

Mi chiedo sempre: "che cosa ...ascolti?"

Come ti disponi ad ascoltare ?

Che cosa ti aspetti ?

Il dibattito è aperto a chiunque.
Aspetto contributi, poi se la ... generosità di tutti sarà stata grande nello ... svelare i propri percorsi di approccio, anche io dirò la mia (dato che ormai la dico sempre la mia, voglio stare in ascolto ...fruttuoso, e vi sarò grato se risponderete numerosi a questo appello - la gentilezza del/dei moderatore/i è tale che qui ... tutto è concesso.

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Quando ascoltiamo musica lo facciamo per mille motivi diversi, ma sicuramente , per quanto possano essere diversi i motivi, ogni approccio si avvarrà di CRITERI (disparati a piacere, ma sempre attraverso e secondo criteri si sustanzierà il proprio ascolto)

1) Ascoltare per comprendere il brano
2) Ascoltare per comprendere il compositore
3) Ascoltare per comprendere l'esecutore/interprete
4) Ascoltare per giudicare il brano
5) Ascoltare per giudicare il compositore
6) Ascoltare per giudicare l'esecutore/interprete
7) Ascoltare per godere del brano indipendentemente dall'esecutore/interprete
8) Ascoltare per godere dell'esecutore/interprete indipendentemente dal brano

Naturalmente ci possono essere anche altri approcci, spinte, motivazioni che ci portano a voler ascoltare.

Ma, tanto per avviare un discorso organico,siete d'accordo con questa impostazione?
Avete considerazioni da fare in merito ?

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Le tre famiglie
comprensione - giudizio - goduria

e ognuna suddivisa in ulteriori rami:
brano - compositore - esecutore/interprete (giusto per non generare altre discussioni...)
perché le ho messe in campo?
Perché credo che volendoci andare in fondo sia necessario fare chiarezza.
Prima di ...proporre un modo di rapportarsi ai suoni che ci dia modo di arrivare alla musica (questo "prima" certo ha un carattere da premessa, ma in realtà è dal primo attimo in cui ho iniziato a scrivere su Edumus che mi sono proposto come testimonial di un approccio) mi sembra che abbiamo da sondare/scardinare alcune modalità correnti

Cosa accade correntemente quanto a ..."modalità di....."
Brano: comprensione - giudizio - goduria
Compositore: comprensione - giudizio - goduria
Esecutore: comprensione - giudizio - goduria

Gli intrecci sono molti e ognuno genera un risultato differente che il mercato cerca di accontentare nella sua volontà non certo di essere parte attiva per fare cultura quindi "proponendo", ma facendosi parte attiva ..." a seguire": "tu consumatore vuoi questo? e io cerco di dartelo".
Così siamo alla ...frutta.

Alcuni esempi.
Esecutinterpreti.
Seguendo per circa un anno (settembre 1982 - ottobre 1983) Peter Maag (direttore svizzero morto nel 2001) in qualità di assistente, ho girato con lui mezzo mondo. Ricordo che mi fece molta impressione (eravamo nel Maggio del 1983) a Washington vedere nei negozi di musica, sul dorso delle cassette audio la sola scritta: "LUCIANO".
Qui è il caso del "feticismo" dell'interprete. Nè compositore, né composizione erano segnati se non piccolissimi all'interno. E questo è un ...tipo.

Brani.
Poi abbiamo le ...compilation classiche a prova di stupido: "è in edicola: i capolavori della musica classica", come pure molta parte di ascoltatori che "predilige" certi brani a scapito di altri cosa assolutamente verificabile nel pullulare di "forum" di discofili (o discomani?) che poi dei loro brani/pupilli fanno una religione avendone esecuzioni disparate (...disperate?).

Compositori.
Per finire , alla stessa maniera, c'è la genia dei feticisti né per esecutinterpreti né per brani, ma per compositori. "Io riesco ad ascoltare solo ..." " Per quanto amo Mahler, tanto non capisco Bruckner " e così di seguito.

"Si vabbé ma tu (cioè io) dove vuoi andare a parare, che proponi?
Di fare chiarezza sugli impulsi e sulle motivazioni, da un lato, e sui criteri , dall'altro.

Ancora sul punto massimo

Premesse e ripasso (tanto per chiarirci le idee)

PUNTO MASSIMO - quel punto oltre il quale la tensione, non potendo espandere, torna indietro.
La domanda è: fino a quando espande la tensione?
Fino a quando i contrasti potenzialmente contenuti nella cellula germinativa non arrivano al culmine della loro esplicitazione e allora, la tensione non potendo più espandere, torna indietro

Quelli che vengono portati all'apice sono i contrasti (che sono i generatori di tensione).
Perché ci è utile destreggiarci con i contrasti?
Così capiamo come lavora un compositore. Infatti solo a patto di conoscere la maggiore o minore "contrastantità" di un contrasto possiamo capire come compone un compositore.
In pratica deve lui e dobbiamo noi, sapere come funzionano i contrasti, quali sono più e quali sono meno. Ad esempio se passare da una figurazione di quarti ad una di quarti più ottavi (raddoppio del numero dei fenomeni) sia più o meno teso che passare ad una figurazione che metta a confronto binario e ternario.
Se nella mano sinistra per 4 misure ci sono in ognuna 4 figure da un quarto e poi 8 figure da un ottavo, questo è "più" o "meno" che passare da quarti a terzine di ottavi?
E d'altro canto, il compositore che cosa fa in continuazione se non comporre coerentemente i suoi contrasti?
E questo dettato da quale necessità/spada di Damocle? dal fatto che se non aggiunge contrasti, il fenomeno, per la nostra coscienza, decade, non ci interessa più e asseconda la tendenza naturale: scomparire (morte).
Subito un esempio: sonata "al chiaro di luna" - Beethoven .
Mano sinistra (MS) una ottava che dura per quattro moduli di terzine della mano destra (MD).
Prima misura : MS - ottava , MD - 4 terzine uguali (stesse note per tutte e 4 le terzine)
Seconda misura : MS - ottava che scende di un tono, MD ripete stesse terzine della prima misura

Adesso? ...come adesso?! perché - penserete voi - è forse prevedibile che cosa fa?
Lui è un compositore, è libero di fare ciò che vuole!.
Libero? In che senso ...libero

Se non fosse vincolato da come funziona la coscienza e dalle sue necessità articolatorio/tensive, avrebbe potuto anche, e questo ci lasciava in parte presagire da come ha cominciato, che poteva scendere di un altro tono con la sinistra e continuare imperterrito con le stesse terzine della destra. In pratica la successione dall'inizio poteva essere: 1 contro quattro terzine, 1 contro quattro terzine, ancora uno contro quattro terzine, e poi ancora uno contro quattro terzine (scendendo solo e inesorabilmente con l'ottava del basso ad ogni misura)
Sì, questo è quello che probabilmente farebbe ...Cocciante (provateci, è straordinariamente verosimile)

E qui sta, mo ci vuole, che invece Beethoven è Beethoven (sì ma lo è perché fa quello che ha fatto e noi lo andiamo a verificare ogni volta- cosa fa non perché dato che siccome è Beethoven, allora ...)
Lui invece fa così:
1 mis: MS una ottava - MD quattro terzine
2 mis : MS ottava scende di un tono - MD stesse quattro terzine della prima mis
3 mis : MS due ottave diverse - MD note delle terzine cambiano in relazione al basso
4 mis : MS una ottava diversa per ogni quarto - MD sempre terzine ma con note che cambiano ad ogni quarto
5 mis: entra un nuovo parametro, nella parte estrema della destra viene evidenziata una melodia.

Metricamente, quindi cosa è accaduto: 1 _ _ _ ; 1 _ _ _ ; 1 _ 2 _ ; 1 2 3 4 , una bella intensificazione ben composta, assolutamente costrittiva (non si può fare a meno di aderirvici civisi ritroviamo perfettamente)

Si presuppone che il comporre sia una alternanza fra contrasti via via più contrastanti alternati a momenti di dis-tensione e questo, prima di tutto ...perché?
Eheeee ...e qua ci volevamo (e non ...vi volevo perché il problema attanaglia chiunque si accinga a pescare per questi mari, solo che nessuno lo vuole ammettere e allora che fa? ...interpreta! eh,eh,eh -)

Qui viene messo in gioco tutto il processo compositivo.
Ma andiamo per gradi: il compositore inventa i suoi ...semi (abbiamo detto del rapporto materiale/libertà del compositore che è come un contadino che semina semi di ...albicocca, ad esempio. Poi cosa ci aspettiamo? Che sia un bravo contadino, se una volta seminati semi di albicocca ne fa nascere ...melfragauto? Melfragauto ??? Come non conoscete le melfragauto? Sono quei frutti in parte mela, in parte fragola e in parte ...automobile, ma insomma in che mondo vivete!?.)

Vi sembrerà strano, eppure la concezione che molti hanno del compositore è che lui è "libero" in quanto può fare, del materiale suono, ciò che vuole. come se laaaaa... ecco, la volontà del compositore fosse il feticcio al quale tutti si sentono obbligati a sottostare. Intendiamoci: il rispetto per il compositore è importante, ma solo dopo verifica di come ha composto. troppo banale a mio parere che è perché è Beethoven che allora mi sembra un po' troppo che siccome nessuno vuole sondare fino in fondo come l'è sta storia, allora si affidano (delegano) a ... un nome, una garanzia!

Insomma quello che voglio dire è che la genialità del compositore sta nelle cellule germinative che inventa, per il resto è "bravo" quando sa ...esplicitare le potenzialità contenute in quei temi. Cioè, la libertà non consiste nel fare del suono il c...o che vuole, ma nel tener conto delle necessità interne del materiale che trovano una diretta corrispondenza nel nostro mondo degli affetti.
Un compositore è a prova di verifica, non è che, appunto, siccome la carta è gentile, qualunque c...(qui la c è seguita da una pietra pregiata, l'agata, però, a volte basta una c per passare da una pietra pregiata alla m...) egli scriva, è ...musica.
Molta produzione del novecento ha allontanato il pubblico dalla sedicente musica contemporanea, perché tutto questo è stato stravolto, se ne sono perse le motivazioni.
Inevitabilmente il compositore, avrà come criterio guida quell'ineliminabile fattore di appropriazione che è per la nostra coscienza (strumento di appropriazione della realtà fenomenica) l'articolazione. Noi riusciamo ad appropriarci di fenomeni esterni a noi a patto che siano articolati.
L'articolazione, in un brano, è il susseguirsi di momenti di contrasto più forte alternati a momenti di contrasto minore in relazione fra loro.

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1) esistono criteri per trovare un punto massimo?
- R : certamente e questo riguarda la fase, che può durare in eterno, dello studio, dell'analisi, dei confronti, della memoria. Non è detto che questa porti necessariamente alla musica. Sicuramente dice e aiuta a comprendere tutto quello che NON è musica (e sarebbe già molto arrivarci). Poi si dovrebbe passare alla fase in cui il fenomeno trascende se stesso (la coscienza ne diventa ... cosciente) e allora nasce la musica , o meglio, il suono diventa musica. Qui allora il punto massimo non viene trovato, conosciuto, analizzato, ma viene VISSUTO. Il p.to di arrivo, quando tu con la tua coscienza "libera", vivi il divenire dei contrasti e percepisci quando arrivano al culmine, il punto massimo appunto

2) con quali criteri si individua il punto massimo?
"Ragionevolmente il metodo varia a seconda della forma"? (dico questo perchè mi è sembrato che per spiegarti all' inizio fai un esempio specifico, poi dici che farai un post per ogni forma.... )
oppure non è metodo che varia, ma solo l'individuazione?
- R : Il criterio guida è uno e risponde alla domanda come evolve la tensione generale? (ovvero: "quali sono i contrasti in gioco? I parametri sono molteplici: ritmico, melodico, armonico, dinamico, rapporto tendenza naturale/ assecondamento o opposizione alla tendenza naturale (questo è mooolto sottile e quindi, all'inizio, anche mooolto complesso da ... comprendere e vivere.)

3) la complessa ricerca è imprescindibile dal casu casu? (dico questo perchè mi è sembrato che per spiegarti all' inizio fai un esempio specifico, poi dici che farai un post per ogni forma...)
- R : se intendi che ogni caso è a sé stante, si e no. Infatti ogni caso è unico, ma il criterio, forma per forma è sempre lo stesso. (...e qui un primo tentativo di entrare in un'altra dimensione: il criterio, il termine di paragone.. sei tu, piano piano. Anche io sono un pazzo a voler spiegare queste cose senza l'opportunità di esemplificazioni sonore che consentano di sperimentarne immediatamente il vissuto. Non a caso avevo proposto nel post sui dilettanti, incontri di stimolo. Magari se ne può riparlare e chi non è d'accordo, basta che non scriva, nessuno lo obbliga a farlo e nessuno ci obbliga, reciprocamente, ... a leggerlo)

4) possono esistere in una composizione piu punti massimi (relativi)?
- R : che faccio la segno direttamente e la metto nella lista nera o ce la dimentichiamo? (scherzo ovviamente), ma è che suona "ilare" questo massimo "relativo". O è massimo o è relativo.
Sarebbe come dire: "la montagna più alta del mondo sono 5!"

5) è possibile che tu dici che un punto sia il punto massimo ed un altra persona creda che sia in una altro punto?
- R : possibile è tutto possibile, anche il vissuto può assolutamente essere diverso. Non c'è nessuna prova che quello che vivi tu sia uguale a quello che vivo io. Il problema allora è capire quanto libero, ad esempio dall'ignoranza, sono io e quanto lo sei tu, per cui la differenza di ascolto ha già una differenza. Solo che il sapere non gioca il ruolo fondamentale in questa partita. Ciò che conta è la disponibilità ad uscire dalla soggettività per ritrovare quell'oggetività che è in ciascuno di noi e che ci rende sostanzialmente, tutti uguali.
E' la coscienza libera che ognuno di noi è capace di mettere in gioco, tale per cui io riesco a far sì che viviamo quando io eseguo un brano, lo stesso percorso tensivo e tu lo riconosci e non dici: "ah che bello" oppure "mi piace", ma arrivi a "è così" e accetti quello che io ho già "digerito" per te e anche tu ritovi l'unicità di quel percorso e ora siamo uniti e entrambi abbiamo fatto lo stesso cammino tensivo (seeeee, belle parole...). Beh, ...scusami, non dispongo di altre...

6) è possibile pensare ad un pezzo in cui non ci sia nessun punto massimo? (indipendentemente dalla sua qualità artistica...)
- R : Certamente, vuol dire che non è un brano di musica: ho scritto un... Ecco: la risposta sempre utile è che la coscienza è costantemente al lavoro nel tentativo di UNIficare, fare in modo che la molteplicità diventi una unità . Se NON c'è un punto massimo, vuol dire che il compositore non è stato in grado di padroneggiare i contrasti e allora non sa come gestire l'evolversi della tensione. Tutto risulta solo una giustapposizione di fenomeni senza che sia possibile stabilire una relazione per la quale ogni momento deriva dal precedente ed è premessa per il seguente, allora non siamo in presenza di ...UN brano, ma della cronistoria di una ... sconfitta o di una manifestazione di impotenza

7) il contrasto è davvero l'unica strada che genera tensione?
- R : No, c'è anche un pugno in faccia (insieme a milioni di altri) ma non riguarda il suono che può diventare musica

8) sono davvero molto ignorante?
- R : né più né meno di quanto lo sia ciascuno di noi

9) troppe domande???
- R : il difficile non è chiedersi se le domande sono troppe quanto chiedersi se sono giuste

< beh per ora mi accontento anche di risposte molto sommarie, almeno per .... fare un comune scavo di fondazione... >

Ambire a buone fondamenta è tutto se si vuole costruire un palazzo solido ed elastico.
Il palazzo rigido crolla al primo scossone, il palazzo solido ed elastico resiste ... Solido dipende dal materiale, elastico dalla pazienza di integrare molte prospettive e punti di vista.

Sempre un bell'esempio di Celi sulla visione d'insieme:
in genere, per decidere che tipo di costruzione sia quella al muro della quale sei appoggiato con la faccia, non basta dare una leccata contro il muro e dire con sicumera: "grattacielo"
Sicuramente inizierai con l'allontanarti un po' e scoprirai un lato, poi cercherai di allontanarti ancora un po' in modo da vedere due lati, insomma ti allontanerai fino a quel punto che ti consentirà di affermare, avendo la visione prospettica più complessiva possibile : ... cattedrale gotica!

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...magari!
Porsi con questo atteggiamento o metodo di approccio al brano, credo che sia molto molto (ne ho ... costanti prove tangibili e documentabili) raro e non scontato
(nota: ... stando all'interno di un sistema di approccio, qui noi da un po', poi sembra ...naturale e scontato che invece sia così per tutti. Per buona pace dei detrattori, non vorrei dare l'impressione che ci troviamo in pieno ...plagio! No, lo dico a raffabaldo, così per scrupolo)


Anche qui sarebbe fantastico fare un po' di ascolti a confronto, ma non come è spesso accaduto in qualche trasmissione radiofonica:
"ascolti a confronto : di Felix Mendelssohn Bartoldy sinfonia n° 4, "italiana", orchestra sinfonica di xxxx, direttore yyyyyy.
Ascoltiamo ora la stessa sinfonia nell'esecuzione dell'orchestra sinfonica di aaaaaa diretta da ffffff."

Abbiamo trasmesso : "ascolti a confronto".

????????? .... e allora? Ciccia!
Criteri, stimoli alla valutazione, parametri di ascolto, ... macché, tutto lasciato alla capacità degli ascoltatori, dando per scontato che poi ognuno coglie quello che "je pare".
Obiezione corrente: "ma perché vorresti forse venirci a dire tu anche come e che cosa dobbiamo ascoltare?"

Scusate ma sarebbe come ascoltare la trasmissione radiofonica (credo mai trasmessa):
"sessazioni a confronto: la determinazione del sesso negli Psittaciformi con particolare riferimento all'Ara di Spix. Dal Loro Parque di Tenerife trasmettiamo una intervista al prof. Lorenzo Crosta"
"Ascoltiamo ora una intervista sulla sessazione al prof. R. Capitelli"
Abbiamo trasmesso "sessazioni a confronto"

????????

Solo che nel primo caso, pare che di musica, avendo semplicemente le orecchie, tutti, dall'amatore al ....professionista, sia dato per scontato che abbiano anche criteri di approccio, comprensione e valutazione, e quindi di ... appropriazione, nel secondo caso ?
E' lo stesso ? Vi ritrovate perfettamente a vostro agio?

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esattamente quello che mi chiedo sempre anche io, puntualmente portato a chiedermelo dagli ..."interpreti" ,dalle ... "interpretazioni" dei quali, spesso risulta ...arduo capire cosa abbiano realmente capito.

Se tutti si ponessero come tu dici di porti nel tuo fare, almeno ci sarebbe da renderne conto.
Invece qui ognuno ..."interpreta" e allora chi capisce (...cosa hanno capito, bene, e se no ciccia tanto tutto è concesso - preciso, date alcune rimostranze in tal senso che questo non significa che c'è un solo modo di rapportarsi alle cose, il mio, ma che forse sarebbe opportuno che i sedicenti interpreti, svelassero la loro poetica che non sempre è intelligibile, non basta cioè dire e pensare, "capiscilo da come suono" ...eh, appunto è proprio perché non si capisce un bel niente che forse bisognerebbe essere più espliciti.

Giriamo intorno, in realtà sai di cosa stiamo parlando?
Di cultura musicale che nel nostro paese è carente per tutti sia per gli amatori che per i sedicenti ritenentisi tali, professionisti, solo perché hanno seguito studi regolari al Conservatorio.
Uhm, ci manca solo che apriamo questo altro capitolo (e lo so che ancora una volta in qualche ...indefinibile, il pensiero che sorge a queste mie è: "ma guarda questo ...(e qui gli attributi si sprecano) mò arriva lui bello bello e vuol dire a tutti come bisogna fare).

uhm. In realtà è quello che io penso quando qualcuno, non all'altezza di un bel niente, si siede e suona o si piazza e dirige. Eh. Sono stufo anche io di ...approssimativi contabbandieri che si spacciano per ...autorizzati a, in nome e per conto di non si sa chi, a fare qualunque cosa.
Forse pensano che la nostra pazienza sia illimitata (ma giustamente il maestro di tutti noi, principe De Curtis, diceva che anche ..."ogni limite ha una pazienza" )
Insomma qualcuno ha scritto, credo luiman, che qualche paletto è opera meritoria cercare di metterlo. Ecco, proviamoci.

Raffaele

Approcci di composizione

Intervento in forum del 2005

>> Mi è capitato di trovare su internet uno scritto di un certo Mario Campanino, di cui riporto un passo che mi sta instillando dei dubbi.

>"Quando ci si pone all'ascolto di un brano musicale si possono adottare, genericamente, due modelli di approccio estetico (percettivo) diversi. Il primo riguarda l'ascolto del suono in sé ed è un atteggiamento che potremmo anche definire orientale, contemplativo. In questo modo di disporsi all'ascolto non sono le relazioni formali tra gli elementi sonori (relazioni che si determinano nel tempo) ad interessare maggiormente: la musica è ascoltata istante per istante, essa stessa diventa il tempo che, in un certo senso, cessa di scorrere. È un approccio che vorrei chiamare della musica che è. Il secondo modello di approccio estetico riguarda invece, in particolar modo, la costruzione musicale, e rappresenta un atteggiamento più tipicamente occidentale nei confronti della fruizione della musica. In questo tipo di approccio sono proprio le relazioni formali tra gli elementi sonori ad essere oggetto di grande attenzione: in questo senso la musica si manifesta nel tempo. È un approccio che vorrei chiamare della musica che diventa."

Disquisire su "musica in divenire" e "musica che è", dovrebbe tener anche conto di quell'altra ineliminabile parte che è: musica composta per "divenire" e musica composta per ... "essere"

(ma insomma guarda che mi tocca fare, poi dice che non aveva ragione Celi quando diceva: "dovete sapere moltissimo, tutto, di fenomenologia perché lo spirito... contrastativo delle persone, le porterà a voler a tutti i costi controbattere anche le ... evidenze e quindi è per questo che cerchiamo di sondare tutte le prospettive dalle quali sia possibile rapportarsi ad un fenomeno sonoro per cogliere quali elementi fanno sì che diventi musica. Dovrete essere molto ferrati dialetticamente se vi metterete sulla strada del parlarne, ma alla fine, finalmente liberi da tutte le illusioni del ... "sapere", potrete "erleben", vivere il processo, il divenire")

Eh, ... mettece na pezza.

Proviamo a considerare che il compositore... eh, il compositore di quale strumento è dotato, pure lui, quando si applica a comporre? La sua composizione , di che cosa è manifestazione, esplicitazione?
Anche lui, in quanto umano , mette in gioco la sua coscienza pura nell'esercizio di sé e ce ne lascia una testimonianza attraverso segni scritti su una carta "atta alla bisogna".

In molti casi abbiamo detto che ... "la carta è gentile" e quindi a fronte di fuffa scritta volendola spacciare per quel tragitto della coscienza che attraverso il suono si concretizza in ... musica, purtroppo non viene fuori una mano "moralizzatrice" dal foglio (quando non se ne può più) e prendendo fra pollice e indice una guancia del sedicente compositore, ne scuote la testa dicendo:
" ahoooo,... e basta mo. Nun te voi fa mancà gnente, l'aria fritta a voi proprio scrive tutta te, e basta sù, eh faaalla finita, noo? ..."

Sarebbe stato interessante che Campanino avesse poi fatto qualche esempio di brani di "musica che è".
Non sarà che genericamente si fa riferimento più ad un atteggiamento luogocomunemente attribuito ad un generico "oriente" che non poi a cosa in realtà avvenga, entri realmente in gioco nel rapporto suono/coscienza ?

Un suonatore di sitar (non so se si scriva così) che "improvvisa" su un raga, quando mai potrebbe decidere di smettere di suonare? E quando mai avrà iniziato? Sarà lì ... da sempre, immagino...
Già solo l'accezione di "musica in sé" in contrapposizione a "musica in divenire" ha dell'impossibile.
Mi spiego. Dovrebbe essere senza inizio e senza fine, non basandosi su un divenire, un tragitto, un percorso tensivo quando sarebbe iniziata? Quando potrebbe mai finire?
E' solo il limite dell'umano che smetterebbe preso per sfiancamento?

Cosa dobbiamo ipotizzare, che in un non identificato geograficamente "oriente", ci sono dei ...templi del suono, nei quali l'ascoltatore entra in una sala in cui le vestali del suono, in analogia a quelle del fuoco, tengono sempre attivo un "suono che è" , controllano da milleni (ma che dico, da sempre )che non ...divenga, in modo da garantire a chi ascolta di essere davvero in presenza di quell'..."ur-ton" che è sempre stato e sempre sarà, indiveniente così da permettere agli "orientali" di essere se stessi, non sia mai si permettessero invece di "occidentalizzarsi" divenendo.
(auff, sono esausto, più di così non ce la faccio: e poi per chiudere, ma l'abbiamo mai sentito un suono che è?)
Forse questa è l'ennesima dimostrazione che le coscienze possono anche essere sopite, addormentate, e questo è possibile.
Allora vanno risvegliate ed ecco a che serve vivere il suono, "erleben", altro che intellettualismi e categorizzazioni da ciechi di Brueghel (... "secondo me" naturalmente, ma in genere chi suona, dopo un po' che comincia a ... vivere le relazioni, vedo che mi autorizza a passare a ... "secondo noi")

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Io conosco tanti pianisti ....."occidentali" che suonano come tu, descrivi fare, quelli ..."orientali".

Uhm. Queste categorizzazioni (di Campanino) mi sanno un po' di luoghi comuni tipo "le mezze stagioni non ci sono più", "così non si può andare avanti; non so cosa ...ma qualcosa deve cambiare" (...e non si sa chi si dovrebbe impegnare per farlo, generalmente chi dice così si aspetta che siano gli altri... a farlo), o (meravigliosa frase che viene messa in bocca a Gassmann ne "La Famiglia", quando nel punzecchiarsi con la cognata (Fanny Ardant) dice: "ecco, adesso ci manca solo che dici che i negri hanno il ritmo nel sangue (...magari a Campanino sono sfuggiti) , poi quanto a luoghi comuni li hai detti tutti ..." (...l'esempio vorrebbe avere una certa pertinenza col tema trattato).
Scusate la digressione , ma mi sembrava importante chiarire l'ambito.

Dico questo perché ho sentito sia da una parte pianisti giapponesi e coreani suonare ... adeguatamente, come pure, dall'altra, pianisti ..."occidentali" ... fare corse sul posto (invece di esplicitare un tragitto, sentendoli già la seconda nota che suonano sembra che non ..."derivi" dalla prima).

Questo post può tranquillamente essere integrato con quello sul "talento musicale".

In qualunque latitudine del globo terracqueo ci si trovi, il talento è la capacità di cogliere le relazioni che si instaurano tra i suoni e questo non in omaggio ad un "talento occidentale" che sarebbe ...adattato a "musica in divenire" da contrapporre ad un "talento orientale" più incline a "musica che è".
Le elucubrazioni personali di Mario Campanino se pur interessanti per alcuni punti che vengono toccati quali :il valore della ripetizione, il rapporto tensione/distensione e altri requisiti dell'ascolto, poi però non servono ad arrivare ad una conclusione già ampiamente sperimentata nel vissuto, ma tutto resta una pura ipotesi logico/deduttiva: "se questo è così, questo è cosà".

Quando poi al di là delle parole, proviamo a dare corso vissuto alle parole, allora tutto arriva al pettine, e qui ...
La meraviglia di questo spazio che ci stiamo concedendo è quella di accorgersi che rispetto al punto dal quale eravamo partiti, ora, volenti o nolenti , l'approccio si è modificato.

La sicumera "interpretativa" si sta , almeno, trasformando in ... cautela e questo, per un essere umano che ha scelto la musica quale mezzo per ....cogliere (... in tutti i sensi) l'universo materiale e spirituale in cui si trova, mi sembra una tappa straordinaria. Dico questo per descrivere quello che è accaduto e continua ad accadere anche a me.

Spero che un giorno fra alcuni partecipanti si arrivi a quel momento magico della "pizziata", cioè decidere di incontrarci e sfogare dal vivo tutte le domande che in questo tempo comune si vanno ...affollando dentro ciascuno di noi, stimolandoci reciprocamente, ma che questo spazio, per sua natura ... asonoro e avisivo, non consente di esaurire (esaudire?).

Facendo un po' di musica insieme, molti dubbi si chiarirebbero all'istante ( ... e altrimenti a che servirebbe ...musicare ? )

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Per chiarezza ed onde evitare fraintendimenti, partirei non da ...pipponi, appunto di tipo religio/spiritual/filosofico per parlare della coscienza ma dalla semplice definizione che ne dà un vocabolario ...attendibile (io parto dal Sabatini Coletti).

Coscienza:
1) Capacità dell'uomo di riflettere su se stesso e di attribuire un significato ai propri atti.

E io a questa faccio riferimento.

Infatti la definizione n° 2 è :

2) Immaginaria sede del senso morale dell'uomo; capacità di valutazione etica delle proprie azioni.

E forse, fraintendendo e mischiando l'una e/con l'altra si sono creati disguidi.

Infatti qui quando fino ad oggi ho parlato di coscienza, non l'abbiamo messa sull'etica. Non abbiamo detto cosa è meglio e cosa è peggio, cosa è bene e cosa è male, sempre da punti di vista moral/etici.

E' proprio la prima definizione quella per la quale verifichiamo di essere in grado di attribuire un significato ai nostri atti e, di più, cerchiamo di capire questo, se possibile , da dove proviene.

Stabilire con una TAC che la zona frontale o occipitale, quando sento un brano di musica, è ..interessata da...; e presentare poi delle belle tavole di sezioni longitudo / trasversali del cervello, in cui dal confronto si vede prima una zona azzurra e poi quella stessa zona diventare rossa a fronte del tale stimolo, poco mi dice sul perché questo avvenga. Quello che è interessante sondare è proprio questo, invece. Ed ecco la fenomenologia, che al di là delle posizioni estreme di chi qui dice"non ci credo" (riguardo alla esistenza della coscienza come entità ... non meglio definita), va a verificare che l'umano ha delle reazioni rispetto al suono e allora cerca di capire come si attui quel meccanismo di stimolo/reazione che va al di là della pura verifica che è avvenuto qualche cosa. Si cerca di capire cosa avviene e poi determinato da che e soprattutto in base a cosa avvenga una ... sintesi e per farne che ed appagare che.

La relazione più diretta fra suono e coscienza deriva dal fatto che sia il suono che la coscienza sono legati a: passato - presente - futuro e questo non si può negare che ci intrighi in quanto... umani. Devo dire per buona pace dei nostri simpatici materialisti che fino ad oggi la "sede del presente" e la "sede del futuro", nel cervello, non mi pare che siano state trovate, per lo meno non espresse in questi termini. Quand'anche poi si arrivasse a dire che invece questi vissuti hanno sede da qualche parte, interessante sarebbe capire come si connettono fra loro e a che pro.

ora il suono ci interessa perché esistono gli armonici che vengono ...dopo il (suono)fondamentale, non sono contemporanei, nel loro manifestarsi al (suono) fondamentale e in questo troviamo una corrispondenza con la nostra ... coscienza , appunto

Quindi ad esempio "sol" è il "futuro di do e "fa" è il suo passato.
Ora pensate come la musica, e qui sta il suo valore ...aggiunto rispetto al linguaggio che quando arriva qui... appunto getta la spugna, non ce la fa ad andare oltre, come la musica, dicevo, possa esprimere l'inesprimibile a parole, ma proprio nel senso che te lo fa ...vivere.

Se io suono nel tempo e andando verso l'acuto do - sol - do, a chi e come riesco a spiegare che da do vado a sol e quindi il tragitto è dal passato al futuro, ma quando da quel sol , proseguo e nel futuro trovo ... do e che questo nuovo do è il suo ... passato, come la mettiamo ?

bella domanda.

...e allora, mo prova mo a risponder sensa pensciarci, ....mo cosa vuoi ch'el vegna fora.
Un maester qualunque el dis c'at fasi trop prublemi. A l'ha propi rasùn, bestiassa.
Mo suona, valà e penseghe nòoooo.

Raffaele

giovedì 2 febbraio 2012

Personalizzare?

Ancora interventi "ripescati", dal 2007 questa volta.

> > >che il direttore d'orchestra sia un interprete
> >
> > se riesci a spiegarmi che cosa ci sarebbe di "interpretabile" in musica...
> >
> E' una bella domanda, da quello che scrivi avverto tensione, questo mi porta a dedurre che secondo te le esecuzioni (a questo punto io penso anche non orchestrali) dovrebbero essere identiche perchè esiste una sola interpretazione.
> Se ho capito male prego chiarire.

Si, mi spiego ancora meglio: scusami ma commetti anche tu come quasi tutti l'errore di pensare che io voglia dire che "allora le esecuzioni dovrebbero essere identiche perché esiste una sola interpretazione.
Io invece sostengo e sono pronto a dimostrarti argomentando che le esecuzioni sono ...uniche e per questo inconfrontabili le une con le altre. Questo però che cosa significa ? Significa che in quella sala, con quella acustica, con quei determinati esecutori, tenendo quindi conto di tutte queste variabili, l'opportunità che la molteplicità diventi una unità, lì e in quel momento ...è unica. Se tu ti trovi a "vivere" quel momento insieme a me non ci sarà spazio per la TUA o per la MIA interpretazione. La sola possibilità che abbiamo è quella, tenendo presenti tutti i fattori concorrenti, di ri-conoscere quali elementi consentiranno, appunto, alla molteplicità dei fenomeni di diventare un UNO. Il resto è letteratura, necessità del mercato, arbitrio.
Questo come puoi notare, ribalta completamente la prospettiva che tu mi attribuisci: non si tratta allora di un'unica interpretazione valida sempre e ovunque, ma di... criteri utili a far nascere dai fenomeni il noumeno, vuol dire che se tu commetti costantemente arbitri perché non ri-conosci, allora mi propini questo arbitrio spacciandolo per "interpretazione".
Se non sono stato ancora sufficientemente chiaro, chiedimi pure tutto quello che vuoi, non è certo questo l'atteggiamento che mi amareggia, è quello di chi pretende di spacciare la propria ignoranza o i propri arbitri per "proponibile".
Diciamo che attribuisco al far musica un valore talmente determinante per imparare a morire elegantemente che la cialtroneide mi sembra sempre offensiva, ecco tutto.

> Mi riferivo proprio a questa casistica, alcuni direttori personalizzano la
> disposizione dell'orchestra, da quello che scrivi, deduco, che la disposizione
> orchestrale secondo te dovrebbe essere statica.

Personalizzano? Anche questo concetto, come vedi, qui ha poca creibilità. Personalizzerebbero per ottenere che? Prima ci vorrebbero criteri, poi andiamo a vedere che fare. Se metto i violoncelli "dentro l'orchestra" vuol dire che non tengo conto dei ... violoncellisti e della loro funzione e di che cosa gli consenta di svolgerla al meglio.
Mi spiego: il basso deve poter ascoltare la sintesi di tutte le altre parti perché il suo intervento è talmente "pericoloso" (nel senso che basta poco a far sì che il basso prevalga) che se lo metti "interno" ha poche opportunità di graduare se stesso in base alla sintesi di tutti gli altri e allora diventerà, come si dice in napoletano, l'asino in mezzo ai suoni.
Quelli che personalizzerebbero invece sai come si giustificano ? "E , invece coi violoncelli in mezzo, il pubblico li sente di più perché rivolgono la cassa armonica verso l'esterno e così il basso si sente meglio. Ahaaaaa quanta materialità e che poco senso del senso del far musica.
Naturalmente la catena si perpetra, perché ignora lui che lo fa, ignora l'altro che glielo vede fare, il risultato qul'è? L'invenzione di una bella parola: personalizzare...eh, appunto.(senza riferimento personale, ovviamente. L'importante è però che non cada anche tu nelle mille trappole che i cialtroni sono capaci di inventarsi pur di giustificare l'arbitrio)

Statica? Scusami, la parola è infelice. Se per statica intendi poco adatta ad essere duttile, malleabile, plasmabile, non ci siamo. Infatti è esattamente il contrario: la disposizione garantisce la strutturazione. E' sulla strutturazione che si dovrà lavorare per rendere utile a far musica il materiale suono. Quindi la disposizione è in base alla finalità e non il contrario. Confondi, mi pare, il cambio di disposizione con una maggiore flessibilità.
Uhm. Parliamo di strutturazione. Il suono grave a noi risulta più ricco semplicemente perché nel nostro settore di percezione (16 - 20.000 Hz), degli armonici che quello produce, ne cadono molti di più che non di un suono acuto.
Allora la piramide naturale (mima i due lati di un triangolo isoscele con le due mani , unendone le punte - i due medi - e creando un angolo di circa 60° ) è formata da suoni gravi (la retta immaginaria che unisce i tuoi due gomiti) da noi percepiti più ricchi, e mano mano che si sale verso suoni acuti (le rette che via via uniscono i polsi le varie falangi etc.) , questi saranno da noi percepiti come più poveri.
L'esecutore ha quindi un compito di grande responsabilità: quello di "invertire" la piramide. Si tratta allora di far percepire tutto il materiale del suono acuto e di attenuare in parte la quantità del materiale comunque presente nel suono grave. Allora chi è che ha la grande responsabilità? Chi suona uno strumento grave o chi ne suona uno acuto?
Ma anche un pianista, un violinista o un clarinettista hanno questo problema. Quanti violinisti senti che quando vanno sulla quarta corda, dato che con queste problematiche poca dimestichezza hanno, non controllano i suoni gravi e allora suonano in costante squilibrio fra grave e acuto, anche nell'ambito dello stesso strumento ?
E un pianista? Quanti sono capaci di fare un accordo "omogeneo", nel quale , cioè, non prevalgano alcuni suoni invece che altri, se non espressamente richiesto dalla polifonia?

Ti sembra che ci sia, in questo, qualche spazio per... personalizzare?

Raffaele Napoli

il lavoro del direttore

Ancora copia e incolla di interventi di 5/6 anni fa del M° Napoli in forum, la cui importanza reputo fondamentale e quindi riporto qui affinché non vadano persi e ognuno possa avvalersene.

> Il mestiere del direttore è duro e merita rispetto: sia da chi vi si trova in
> contatto ma (e soprattutto) da chi lo pratica.

Bravo, ben detto, ma lasciami distinguere:
chi viene a contatto di un direttore, non deve "rispettarlo" " a priori".
L'autorevolezza non è data per scontata dal ruolo, ma la attestano i fatti.
L'arroganza o la durezza per le quali cercavi risposte, quasi sempre deriva da fraintendimenti messi in campo dalle due parti: dall'orchestra e dal direttore.

Orchestra
In un certo senso, per la sua posizione, inevitabilmante "subisce" il direttore (in parte chiarisce questo quadro Adorno nel suo testo sul direttore d'orchestra) e allora ha due possibilità: odio o amore.
Generalmente chi si lascia guidare soltanto dal carattere del direttore, può commettere errori fatali, rischia di:
1) buttare via bambino e "acqua sporca"
2) tenere l'acqua sporca e buttare via il bambino
3) tenere il bambino e buttare l'acqua sporca
4) tenersi bambino e "acqua sporca"

La considerazione è conseguente solo a quale di questi comportamenti si decide di adottare.

Altro è una orchestra professionale un requisito della quale è quello di "prescindere" dagli aspetti caratteriali, che saranno considerati un accessorio, un di più marginale. Quello che conta è essere in grado di assecondare pienamente le richieste del direttore, in quanto lui è l'unico (a meno che non chieda cosa davvero "impossibili") che per la sua funzione è il responsabile della meta, come qualcuno ha già detto.
Allora dei professionisti, coscienti di questo cercheranno di fare in modo che il direttore disponga delle condizioni, dei mezzi e possa operare le scelte utili a realizzare quel certo risultato. Che poi sia discutibile o arbitrario o non condivisibile, questo è un altro discorso, ma la faccia bisogna fare in modo che se la giochi fino in fondo il direttore, altrimenti NON LO INVITI a dirigere, tutto qui e non che diventa una guerra continua, la cui vera vittima è soltanto, alla fine, la musica.

Quindi il rispetto non è dato solo dal ruolo: lui è il direttore, quindi lo rispettiamo. Questo va bene quando arriva qualcuno per la prima volta: è una strategia di approccio: "diamogli tempo a questo di dimostrarci come la pensa", ma una volta svelatosi, "chi dirige male o non sa dirigere, rovina anche te, digli di smettere".

Direttore.
Ecco anche da parte del direttore (dall'aspirante o sedicente tale) la professione merita rispetto.
E questo si capisce subito. L'arte di arrangiarsi è poco fruttuosa da questo p.to di vista. Chi pensa di affrontare la professione perché investito da folgorazione divina e quindi "o ce l'hai o non ce l'hai" o peggio "la direzione non si può insegnare...", uhm, diffido...
Generalmente sono narcisi all'ennesima potenza che pensano, proprio in virtù del loro straripante egocentrismo e narcisismo, di essere quegli unti del Signore, investiti di direttorialità per illuminazione divina e senza verifiche.
Lo sono e basta! (sic!).

Uhm, psicologie d'accatto.
Umanità nella peggiore manifestazione di sé, che tanto malumore, dolore, tristezza, astio, odio sparge intorno a sé.
Figure border - line, al limite quindi del disagio psicologico che in fondo in fondo non avendo alcun rispetto prima di tutto di se stesse, sono incapaci di averlo sia per gli altri che men che meno per lo strumento scelto per manifestarsi e preso in ostaggio, immolandolo sull'altare del loro disagio esistenziale: la direzione d'orchestra.

Raffaele Napoli

Della "proporzione"

L'invenzione di Celibidache riguardo alla tecnica direttoriale è la PROPORZIONE.

Se ci limitassimo alla semplice suddivisione dello spazio intercorrente fra un punto (che chiamiamo levare) e un altro (che chiamiamo battere) saremmo alla pura simbolicità del gesto, per niente differente dai parcheggiatori di aereoplani negli aereoporti: cuffia in testa contro il rumore e poi: braccia così vuol dire destra, braccia cosà vuol dire avanti, braccia cosò vuol dire stop.

Maazel, ad esempio, viene considerato "precisissimo"... se potesse batterebbe (ne darebbe indicazione suddivisoria) anche le ... fuse (i 128esimi) e questo viene confuso per precisione.

Per capire meglio, vediamo rapidamente cosa c'era intorno a Celibidache:
Toscanini, istintivamente, cercava un gesto quanto ... meno suddividente possibile:
cerchi, tutti cerchi, poche figure o quasi nessuna (non si capiva dove fosse l'uno o qualunque altro punto), quasi la ricerca istintiva di un UNO lunghissimo.
Passava per un direttore con una "tecnica" contrapposto ai suoi contemporanei...
"no-gesture-conductors"; primo fra tutti Furtwangler: gli aneddoti si sprecano, l'attacco della "quinta" quando il braccio arrivava al ... (3°, 4° o 2° bottone del panciotto).
Il gesto era una vibrazione costante nell'aria e la concertazione era spesso un susseguirsi di mugugni, interpretabili come "sì" o come "no" (dall'orchestra) da cui risultava come fissata e definitiva in un certo ambiente, la versione che non avesse "mugugni-no", e per quel concerto l'orchestra memorizzava quella.

Poi è arrivato Karajan. MEDIATICO. Occhi chiusi, mani che "disegnano" nell'aria, "plasmano" il fluire della musica. Ogni tanto un semiocchio (forse qui traggono materia i nostri "occhieggianti" direttori?) che si apriva e il resto era... quel poveretto del primo violino, quello con la montatura degli occhiali spessa e nera, faccia triangolare e scucchia con prolunga che ... da artrosi permanente, dava attacchi a destra e a manca.

Lo stesso primo violino (il castigo di Prometeo svelante fuoco è nulla al confronto) ha avuto l'onere di Berlinerfilarmonicare anche Bernstein.
Qui l'avventura è stata ancora più piena di insidie. Come Joe Sentieri nella musica leggera italiana, noto per il "saltino", ecco Bernestein che ... salta sul podio.
Un epigono ne è stato agli esordi (ora si è calmato) Daniel Oren. Molta mole, molta stazza, un rumore infernale ad ogni ... atterraggio.

In questo panorama si ... implementa Celibidache con la sua tecnica dell' "impulso proporzionato" (qualche detrattore mi diceva: " ah, lei ha studiato con Celibidache, tutti sbattitori di termometro (sic!)).

Come arriva Celibidache alla proporzione: grande coerenza fra poetica e ... tecnica.
Che caratteristiche deve avere un gesto per essere unificante? per essere la rappresentazione di quell'"uno", risposta buona per qualunque domanda di tipo fenomenologico ?

Allora Celibidache arriva attraverso una empiria indefessa (oltre 400 concerti sul podio dei Berliner dal 1945 al 1954) a mettere a fuoco l'impulso proporzionato.
Si tratta del rapporto che esiste fra il battere (inteso non solo come indicare convenzionalmente un punto nello spazio, generalmente in giù, più o meno davanti al direttore) e il conseguente levare.
Generalmente i direttori disegnano nell'aria il cosiddetto levare, muovendo (il braccio? le braccia? uhm...) dall'esterno verso il centro e verso l'alto (e questo sarebbe il levare), poi (lo? le?) fanno ricadere verso il basso verticalmente davanti a sé e questo sarebbe il battere.
Ma dentro a quel gesto cosa c'è ?

Oh oh, qui si apre la questione. Parlare come alcuni hanno qui fatto, di eventuale suddivisione interna sopportabile da quel movimento, non tiene affatto conto di tutt'altri accadimenti che dentro a quel gesto "stanno" e che determinano che solo una minima percentuale di direttori sia in grado di ottenere "tecnicamente" dall'orchestra ciò che vuole, contro quell'85-90%, qui ben descritto, che si ostina, pur essendoci un modo per rendere certa e non aleatoria la tecnica direttoriale, ad affidarsi ad occhiate ed altri funambolismi o "istrionismi" di cui son pieni i ..."podi".
E così si perde un sacco di tempo alle prove, quando qualcosa non va (generalmente attacchi in levare o assieme solista/orchestra alla fine della cadenza, pizzicati o staccati variamente dislocati, cambi di tempo da lento a rapido e viceversa, scale di sedicesimi acefale previste per più di uno strumento in omoritmia, figurazioni croma - pausa di sedicesimo - due trentaduesimi croma (pà un papa pà - "prendi quest'è l'immagine - finale Traviata - omoritmico fra tutte le sezioni, ottoni compresi, quasi sempre : "pà un svrescccsvle pàpà (mammà e altri) - notare l'omoritmia dei trentaduesimi "!), per non parlare, e qui sì che ci sarebbe da mettersi le mani nei capelli (per chi li ha) dei tempi in uno a suddivisione ternaria (scherzi o minuetti di sinfonie, una a caso la 5° di Schubert - 3° movimento - Minuetto - 3/4 - Allegro molto - prima misura un quarto, seconda misura una figura di due quarti e una da un quarto e così di seguito )

Questa è una minima casistica, un inventario di frangenti nei quali occhiate e altre magie, chiamate con il loro vero nome, sono un non so come si fa, ma siccome il direttore sono io e la colpa è facile darla all'orchestra, mi invento una cosa qualunque e in orchestra perdiamo un sacco di tempo, tanto prima o poi la maniera di arrangiarsi la trovano e poi, però, per lavarmi un po' la coscienza sporca che ho scrivo sul forum a quel ... ( a voi la scelta dell'attributo) di R. N. che la tecnica sicura non esiiiiste, che l'importante è avere chiara la partitura in testa e il resto è dettaaaaglio, che la pratica è un'altra coooosa, che se ci fosse la soluzione tutti ne approfittereeebbero e altre ...e (cose, volevo scrivere, cose e non quello che tutti hanno pensato ).
Ora siccome è arduo dare una prova pratica di quanto sto dicendo (cioè dellìimpulso proporzionato) che è pratica assai efficace ma da veder fare e ritentar di fare, impossibile a scriversi o a dirsi, posso solo darne una descrizione con i limiti appena enunciati.

Legenda.
Quando si dice proporzione uno a ... e un altro numero, ad esempio proporzione una a due o uno a tre, si intende che si deve imprimere sul punto nel quale si batte una energia in grado di rappresentare (ad esempio nell'uno a due ) l'uno come momento dell'impulso e il restante movimento come conseguente rimbalzo utile a contenere gli altri due elementi ma realmente conseguente a quanta energia si è impressa nell'uno.
Cosa accadrà in realtà: analizzando il movimento avremo una accelerazione verso il basso (in assecondamento della forza di gravità) e un progressivo rallentamento proporzionatamente conseguente all'impulso impresso sull'uno che raccolga gli altri due.
L'esempio di prima della 5° di Schubert:
Il tempo è tre quarti, la proporzione da battere è uno a due, così avremo un totale di tre suddivisioni interne isocrone, ma il movimento che ne consegue non sarà una mera suddivisione spazio/isocrona, ma solo isocrono e diversa come spazio perché andando verso l'alto, il movimento rallenta (in analogia all'allontanamento dal punto nel quale si è battuto tenendo conto della forza di gravità che accelererà il movimento verso il basso e rallenterà il movimento verso l'alto, un po' come il rimbalzo di una palla.
Allora l'un due tre che ne deriverà, non sarà una semplice divisione in tre parti uguali di spazio coperto, ma tenendo conto anche di accelerazione e decelerazione che la forza di gravità comporta.
Se poi ci sono momenti in cui il levare, nel corso del brano, dovrà tener conto non solo di quarti in levare, ma di ottavi, in quel caso la proporzione cambia e per ottenere l'assieme perfetto dell'orchestra si dovrà passare da una proporzione uno a due ad una proporzione uno a cinque, essendo sei gli ottavi contenuti in 3/4.
Padroneggiare questa tecnica necessita di molto tempo e molta applicazione, altrimenti si rischia di fare come Muti che batte proporzioni impossibili avendo da un lato istintivamente colto che qualcosa ci deve essere, ma non sapendone niente, si butta a casaccio e ne vengono fuori colpi al vento senza proporzioni percepibili dall'orchestra, tanto che a Philadelfia lo chiamavano "ritardo" Muti.

Io faccio sempre, nella prima lezione con i ragazzi dell'orchestra del Conservatorio, questo esercizio di "messa a punto" direttore/orchestra:
- ora io, con andamento che potrà diventare anche più lento o più rapido, batterò un tempo in uno a suddivisione interna o binaria o ternaria, se cogliete che è ternaria cantate "un pa pa", se cogliete che è binaria cantate "un pa, un pa" e io potrò cambiare suddivisione e tempo, quando mi pare e voi canterete di conseguenza.
Devo dire che in 15 anni non siamo mai andati oltre i 20 secondi per capirci perfettamente e da quel momento, per sempre.

Raffaele Napoli

mercoledì 1 febbraio 2012

Berlino 1954

Dal ricco archivio di interventi su forum del 2006 da parte del M° Napoli, un interessante post sugli avvenimenti berlinesi nel 1954, anno della morte di Furtwaengler e di successione dell'orchestra a Karajan.

La successione a Furtwangler alla direzione della filarmonica di Berlino.

Celibidache veniva da 7 anni di direzione (1945 - 1952) quale unico direttore dell'orchestra e due anni (1953-54) di direzione a due, lui e Furtwangler.

Come si sa per i BPO è l'orchestra che vota il proprio direttore.

Celibidache aveva voglia di "svecchiare" l'orchestra e prima della "sitzung" (la seduta di votazione per l'elezione del nuovo direttore) Celibidache che era contrapposto alla meteora nascente Karajan, che aveva iniziato a fare concerti con l'orchestra quale altro direttore, disse: "se io sarò eletto, lei, lei, lei, lei, lei, lei (insomma una serie di professori d'orchestra anziani, di età e di "coinvolgimento ... pigro" alle ragioni della musica, più impiegati che orgogliosi appartenenti a quella compagine) sarete messi a riposo".

Mancanza di diplomazia o estremo rigore a partire prima di tutto da se stesso ?
Gli ho detto molte volte: "Maestro, ma non poteva dirlo... dopo la sitzung?".
"No Raffaele, la coerenza mi imponeva di dire chiaro, prima, a che cosa saremmo andati incontro".

Ora molti dei "giovani" dell'orchestra erano con Celibidache, ma alla fine prevalse la linea pro-Karajan, molto più mediatore e "seduttore".

A questo bisogna aggiungere che una qualificata rappresentanza dell'orchestra andò da Furtwangler a chiedere chi sarebbe dovuto essere il suo successore e Furtwangler rispose: "con Celibidache farete la musica, con Karajan avrete fama e successo".

L'orchestra scelse... la seconda opzione.

Celibidache ebbe un voto solo, ma qualificato: quello del primo violino!

A latere.
Oltre a questi che sono gli accadimenti di superficie, quelli che si vedono e che per ciò stesso sono i meno importanti, c'era un'altra considerazione.

Karajan era austriaco, comunque di area e cultura tedesche.
Celibidache era rumeno, aveva un nome quasi impronunciabile (Zelibidasc? Celibidasc? Zelidabache? Tchelebidace? ... insomma ogni volta un dilemma), ed era un "outsider", un vero e proprio... "zigoiner" (uno tzigano nel senso stretto di zingaro, girovago, senza patria...) e questo avrebbe creato non poco imbarazzo negli ambienti politici e diplomatici per i quali i Berliner rappresentavano... l'orgoglio germanico da ricostruire, dopo la vergogna della shoa.

Da quell'esperienza Celibidache restò segnato per tutta la vita. Dal 1954 iniziò la sua diaspora e le sue peregrinazioni: Sud America, Italia, Svezia, Inghilterra, Germania ma senza direzione stabile di alcuna orchestra, solo con periodiche e assidue frequentazioni dell'orchestra della radio di Stoccarda.

Poi nel 1979 la svolta: i Munchner Philharmoniker gli offrono la carica di General musik direktor della città e la direzione stabile dell'orchestra.

Doveva nascere il polo alternativo a Karajan e ai Berliner e puntando su un autore: Bruckner.

Dal 1979 fino alla morte (1996) quell'orchestra è diventata la depositaria del testamento spirituale di Celibidache, il suo strumento di affermazione ed esemplificazione di un (del?) modo di rapportarsi al suono per far sì che diventi ...musica.

Per la cronaca si deve ad un direttore italiano, Claudio Abbado, e all'interessamento personale del presidente tedesco, Weizsäcker, se al compimento dei suoi 80 anni (1992) Celibidache, dopo 38 anni è ritornato per un concerto a dirigere i Berliner.

La testimonianza è lì, sotto gli occhi di tutti: video reperibile sul mercato di prove e concerto della 7° di Bruckner.

Stupenda la frase detta dopo una prima lettura: "ragazzi, dall'ultima volta, vi trovo molto peggiorati... Vediamo che possiamo fare per cercare di rimediare."

Beh, bisogna solo guardare e vedere, sentire e ascoltare tutto quello che progressivamente in quelle prove è successo...
Ripeto, è lì, sotto gli occhi di tutti noi.

Tutti noi ?
Non lo so... C'è anche chi pensa che siamo in presenza di un direttore come un altro, particolare sì, ma in fondo uno fra i tanti possibili.

Per buona pace e colloquialità, lasciamolo credere a chi lo vuole credere o non può accettare che non sia altro che questo.

Chi è disposto a svestirsi dell'Ego e ad accettare di "varcare una soglia" troverà invece ben altro...

Spero di essere riuscito a rispondere. Per lo meno ci ho provato.

Raffaele Napoli

dinamiche in orchestra

Ancora un intervento del M° Napoli sulle dinamiche in orchestra:

E' chiaro che da sempre le indicazioni di dinamica sono state relative: un forte di una tromba e quello di un violino (solo) non possono produrre lo stesso risultato.

Altrettanto da sempre, però, il compositore tende ad evitare di mettere dinamiche diverse in partitura, differenziando (come dici tu di Mahler) le dinamiche di uno strumento "debole" da quelle di uno strumento "forte". Il motivo è proprio quello che hai fatto emergere tu con questo post: il fraintendimento tra dinamiche "generali" (il volume sonoro che il compositore chiede all'orchestra in quel determinato punto) e "particolari" (quelle che si richiedono esplicitamente ad un solo strumento, differenziandole dagli altri).

Alcuni compositori (come Honegger, ad esempio) mettevano in partitura anche le nuances générales (le dinamiche generali), scritte più in grande, proprio ad indicare l'effetto totale che desideravano, distribuendo poi le dinamiche particolari ai singoli strumenti... ma questa scrittura è utile solo al direttore, perché,invece di "buttar l'occhio" costantemente in partitura, alla ricerca del minuscolo segno di dinamica in ogni pentagramma, può agevolmente leggerle in carattere maggiore.

E' più produttivo mettere la stessa dinamica a tutti gli strumenti, quando si tratti di dinamiche uniformemente distribuite tra tutti. Insomma, un forte va segnato con f in tutti gli strumenti, indipendentemente dalla loro capacità sonora. Altrimenti si corre il rischio di generare inutili complicazioni ed interpretazioni erronee. Ogni strumentista, poi saprà come adattare il suono del proprio strumento all'effetto globale.

Se invece si desidera un effetto specifico, con uno strumento in evidenza, allora è accettabile la dinamica differenziata (ad es. p agli archi e mp al flauto), anche se scrivere "in evidenza" o "solo" o indicazioni analoghe allo strumento che deve emergere spesso produce lo stesso risultato.

L'allegro

Inserisco un altro intervento (2006) in relazione all'esecuzione di un allegro mozartiano.

Sembra che sia importante "la concezione dell'Allegro" oggi e all'epoca di Mozart. In realtà allora come oggi, quello che non è mutato è il rapporto, la relazione che la nostra coscienza è in grado di instaurare fra i suoni.
Se il diapason all'epoca di Mozart era a 432 Hz invece che ai 440 Hz odierni, inevitabilmente le conseguenze erano/saranno dirette anche sul tempo di esecuzione.
Il principio generale è: che cos'è il tempo musicale ?
La definizione fenomenologica: "la condizione che mi consente di fare di una molteplicità di fenomeni una unità”.
Allora in base alla quantità di fenomeni percepibili dato quel diapason, il tempo "giusto" sarà stato quello relativo a quella quantità di fenomeni, dato il diapason odierno, il tempo "giusto" sarà quello relativo a questa quantità di fenomeni.

Qual'è il tuo errore?
Volerne fare un valore assoluto e "rapportabile" indipendentemente da acustica, epoca, strumenti, diapason etc.(come dire: 120 di allora è uguale a 120 di oggi. In realtà, 120 in quanto tale non esisteva né allora né oggi).
Come si comprende, il tempo è una variabile assolutamente dipendente da tutta una serie di fattori, e per ciò stesso non può essere un valore "assoluto".
Ecco la stupidità e la antimusicalità del metronomo.

Cosa pretende questa macchinetta per "sordi"? di fissare un ..."tempo" fisico di esecuzione (in realtà ingenerando una, per molti musicisti ancora irrisolta e forse manco postasi, assimilazione fra "velocità" e tempo)

Cosa c'entra scrivere : semiminima = 120 con la musica?
Niente. E' un esempio storicamente consolidatosi nel tempo di arte di arrangiarsi, esigenze pratiche e considerazioni amare.

Arte di arrangiarsi ed esigenze pratiche.
Il diffondersi dell'editoria musicale e del dilettantismo musicale (preferibilmente da definirsi "amatorialità") esercitava pressioni sui compositori a definire ambiti di eseguibilità validi e comprensibili per tutti per consentire alla premente massa di "esecutori", dalla precaria capacità, di accedere alla lettura delle opere dei musicisti.
Per fare questo, dato che non sempre la maldestra ma comunque accettabile "digitalità" dei neo/suonatori corrispondeva ad altrettanta capacità di "intelligere" il musicale, si compensava alla mancanza di musicalità con la fredda meccanicità.

Amara considerazione.
I compositori, visto il degrado "interpretativo" perpetrato da sedicenti "interpreti", onde evitare ulteriori scempi e quindi non fidandosi "più" delle capacità musicali degli esecutori, si sono visti costretti a definire almeno un ambito: semiminima = 120 voleva dire: "siccome qui c'è gente che nell'eseguire questa mia musica si è permessa di "escurrere" da 80 a 152, allora…. oh, dico a voi, per favore vediamo di stare intorno a 120, visto che proprio da soli non siete in grado di capire dal materiale quale sia il tempo a quello relativo".
Con le aberrazioni di molta musica contemporanea che proprio per la deriva "interpretativa", ha visto molti compositori costretti a scrivere addirittura: "da qui a qui 20 secondi".

> Un altro argomento aggiunto e a sostegno della mia tesi è che anche la velocità
> della vita dell'epoca era diversa...oggi Roma-Milano, in treno, si fa in 4 ore, a > quei tempi, in carrozza, servivano 6 giorni; oggettivamente, tutto aveva più
> bisogno di tempo e questo, la storia docet, si riverberava sul gusto dell'epoca.
> Perciò, dando per postulato la velocità segnata sul metronomo e non entrando in
> un altra "porta" di discussione, l'allegro di Mozart non poteva essere con la
> minima=120 ma....più lento di come lo si esegue oggi.

Bell'esempio ma la conclusione che ne trai a che porta ?
Vuoi forse arrivare ad affermare che dovremmo eseguire Mozart ... già, come?
Lo eseguiamo “giusto” oggi in relazione alla acustica, agli strumenti, al diapason e tutti gli altri fattori concorrenti di cui disponiamo “oggi”. Che senso ha porre a paragone "ieri" con "oggi"?

Tutto avviene, per la coscienza, inesorabilmente in un continuo susseguirsi di "qui e ora", di "adesso" e gli “adesso” non sono fra loro confrontabili: quello che era giusto per Mozart e per la sua epoca, non può avere alcun rapporto con quello che è “giusto” per noi “oggi” ed entrambi... sono giusti.

Sul problema dell’interpretazione qui si è a lungo dibattuto e anzi i miei primi post sono stati proprio provocatori in tal senso, arrivando io a sostenere e dimostrare che l’interpretazione NON ESISTE, pagando tutte le conseguenze “ludibriche” del caso, ma anche io, come tu dici di te, ho passato la boa, quindi la mia intenzione non è né quella di convincere, né tanto meno quella di imporre, ho solo l’urgenza di “testimoniare”, il resto è psicologia di bassa lega.

> Il mio essere musicista, in questo momento della mia vita, mi lascia sempre col
> dubbio e ed è proprio questo che amo di più; ho iniziato gli studi con solo
> certezze, ora non ne ho...sarà l'età....? Cmq quello che cerco l'insegnare...
> anche ai miei figli...è di avere dubbi e porsi sempre domande.

Il proposito è ottimo, ma il risultato in uscita deve trovare uno sbocco. E’ un po’ come per gli errori: il problema non è tanto quello di pretendere presuntuosamente di arrivare a non più commetterne, ma di commetterne di diversi, o se vuoi di non commettere più gli stessi.
Allora bisogna avere anche per i dubbi il coraggio di scioglierne alcuni e porsene altri ma diversi dai primi.
Insomma, che il dubbio sia una metodologia e non la sclerotizzazione di contenuti

Raffaele Napoli

Del diapason

Inserisco un intervento del M° Napoli del 2005 in cui riassumeva rapidamente alcuni elementi della fenomenologia e trattava poi la questione dell'altezza del diapason.

Premessa.
Ciò che in musica determina il tempo di esecuzione è la quantità di materiale (molteplicità) che deve essere portata all'unità (uno).
E' la nostra coscienza che funziona così e questo processo, in fenomenologia, viene definito RIDUZIONE fenomenologica.

Differenze
Riduzione descritta da Husserl: - di tutti i dati che la realtà ci presenta operiamo un "tra parentesi" nel senso che ne prendiamo una parte e di quella facciamo una unità - ;
riduzione fenomenologica musicale descritta, insegnata, trasmessa, praticata e, naturalmente, vissuta da Celibidache: - di tutti, senza fra parentesi o esclusioni, i fenomeni sonori che arrivano al nostro orecchio noi facciamo una unità (non possiamo fare altrimenti, perché è la nostra coscienza che funziona così).

La a 440 e sua tendenza ad innalzarsi.
La quantità di materiale da ... ridurre (e sì perché alla quantità di materiale concorrono, ovviamente anche gli armonici) con un La di frequenza superiore, diminuisce la quantità per noi percepibile, nel senso che nel nostro settore di percezione - che è limitato ad un ambito definito - se si "innalza" il La, questo determinerà una minore quantità di fenomeni concorrenti a determinare appunto la quantità di materiale da "unificare".
Questo cosa determina in modo diretto ?
Tempi più rapidi di esecuzione, perché facendo riferimento ad una minore quantità di materiale, ovviamente il tempo di esecuzione sarà più rapido.

Poi un altro ovvio rilievo: stiamo diventando più "sordi", vuol dire che percepiamo una minore ricchezza.

Tutto questo argomentare a chi non è avvezzo a discorsi fenomenologici potrà anche sembrare "questione di lana caprina", a mio giudizio, invece, è come una piccola crepa in un palazzo in un film "horror-fantascientifico", all'inizio sembra niente, poi piano piano il panico aumenta e come nella guerra dei mondi, da sotto terra viene fuori una generazione di utenti autoreferenziali (speriamo che come nel film, "secchino" solo se stessi per mancanza di anticorpi, senza seccare oltre anche noi).

La conclusione che ne traggo, quindi, non è di bigotto o bacchettone "question-di-principismo" stupido "si è stabilito a 440 e a 440 DEVE essere", no, invece ne traggo le conseguenze derivantine: più si innalza e più .... si svuota di contenuto il materiale musicale. Se in altri 300 anni (approssimativa distanza "media" fra Bach e noi) il La arriverà a 480 Hz, mi immagino, avendo meno quantità di materiale da ridurre e quindi minore necessità di tempi giusti per 440 Hz, ma eseguendo a tempi giusti per 480 Hz beh, noi non ci saremo certo, ma quanta ricchezza si sarà persa. E tutto per cosa? Per IGNORANZA delle ragioni che stanno dietro ai fatti e quindi l'assecondamento becero di mode sulle quali, tanto, c'è solo un imbecille come Raffaele (e chi come lui) che ci sta a pensare, mentre gli "arrangiammoce" imperversano e argomentano... pure.

Intanto con la mia orchestra suoniamo a 440, gli altri... liberi di quattrequarantaduarsi e anche quattrequarantaquattrarsi - ma sì ,va, abundandis abundandium - dato che c'è stata la moria ... dei musici.

Raffaele Napoli