domenica 15 gennaio 2012

L'esca

Una composizione musicale può essere anche paragonata alla vita di una pianta: un seme, che poi mette radici, un germoglio, foglioline, rami, poi un fusto via via più rigoglioso, foglie, quindi fiori e frutti, dopodiché rapidamente la decadenza e la morte della pianta oppure la sospensione fino a un nuovo ciclo. Ora, qual è l'obiettivo della pianta? non certo fruttificare, nel senso che a lei non gliene importa nulla che a noi umani o agli animali in genere interessi la frutta per alimentazione o anche solo piacere della gola. Il suo obiettivo è quello di perpetuare la propria specie, cioè riprodursi. A tal fine servono fiori e frutti, perché attirando mediante il profumo e i colori i primi e con la dolcezza e la varietà di sapori i secondi, la pianta crea le condizioni per aumentare considerevolmente le possibilità di moltiplicarsi. Dunque un'esca, il frutto, che è il "punto massimo" della pianta, ma che nasconde la verità, cioè quel nòcciolo che, nella sua povertà estetica, cela le potenzialità di una nuova pianta. La bellezza di tanta musica è l'esca che attrae l'ascoltatore, ma che cela la Verità di un messaggio universale e divino che parla alla nostra coscienza e contiene in sé la sintesi dell'intera composizione.

lunedì 9 gennaio 2012

Quale evoluzione?

Ricordo una forte provocazione del M° Napoli a un corso di fenomenologia: "ma esiste la Storia della Musica?" che lasciò più d'una persona piuttosto sbigottita. In realtà nessuna provocazione, niente di così stupefacente. Potremmo addirittura allargare la domanda: esiste una storia dell'Arte? In realtà sappiamo esistere una storia degli artisti, compositori nel nostro caso, o musicisti, una storia delle forme, dei generi. Ma questa non è storia "della musica". La musica in sé come evolve? Si potranno evolvere i mezzi, gli strumenti attraverso cui si esprime, potrà variare il linguaggio, più o meno semplice o complesso, come le strutture, le articolazioni, ma l'essenza della musica non ha evoluzione, perché non dice altro che... chi siamo. Il messaggio dell'Arte è semplice, bastano pochi suoni, legati da un criterio che affonda le sue radici nella coscienza dell'uomo, ed essa se ne impadronirà e ne farà "unità", andando a solleticare le corde della nostra anima. Nomi di persone, mezzi e strumenti, linguaggi, generi, forme, sono tutte costruzioni che rispondono a una crescente complessità anche psicologica dell'uomo, che però spesso e volentieri si ritrova a preferire forme semplici, persino elementari. L'evoluzione è un fenomeno più legato alla materialità e alla complessità scientifica e tecnologica. Sono così distanti le pitture rupestri preistoriche dalle sculture greche, dagli affreschi rinascimentali ai divisionisti novecenteschi. Hanno forse un significato diverso? E' così fondamentale, nella loro essenza, che sfruttino pareti rocciose, tele, marmo pregiato, colori acrilici o naturali? E che differenza potrà esserci tra una melodia vocale di un babilonese di duemila anni fa e quella di un nostro contemporaneo? Non è singolare che l'organologia abbia avuto una evoluzione straordinaria in età barocca e poi sia andata praticamente arrestandosi tra Sette e Ottocento, e da lì non si sia più mossa? Anche i compositori più avanguardisti hanno utilizzato gli stessi strumenti di Bach e Mozart, salvo impiegare l'elettronica ma quasi sempre non in quanto strumento ma in quanto elaboratore sonoro. Analogamente anche una lunga e progressiva carrellata ha portato la melodia ad articolarsi in contrappunto, prima, e armonia, poi, giungendo a un punto critico nell'Ottocento da cui non si sarebbe potuti uscire se non ricorrendo a "invenzioni", cioè uscendo dall'ambito della natura sonora (armonici) e umana. Da oltre un Secolo un esercito di uomini impegnati nella musica, solo nell'Occidente, ritiene che in ogni modo occorra un'evoluzione musicale, cioè non si possa rimanere ancorati ai "linguaggi" dell'Ottocento o prima ancora, e dunque, con incessante ricerca, si esplori ogni ambito sonoro per individuare possibili strade evolutive. Mi chiedo se sia così importante. In fondo sono ormai secoli che rimescoliamo la stessa musica, e non sembra ci sia una reale stanchezza. Semmai, come ci dice Celibidache, dobbiamo evitare la tradizione, la routine, far sì che ogni frase, per quanto nota, ci appaia sempre fresca. Per quanto la musica ci dica ogni giorno chi siamo, sembra che facciamo fatica a recepirlo!
Fabio Poggi