IL
MAESTRO. Argomento delicatissimo. Qui siamo tutti coinvolti, sia i
professionisti che gli amatori. Una premessa è necessaria: per comodità
di esposizione distinguerò fra due figure cambiando la lettera iniziale:
Maiuscola ( Maestro ) per indicare la figura degna di questa qualifica,
minuscola (maestro) per indicare tutti gli altri. Diciamo subito che la
scelta del Maestro è il frutto di un
percorso. Le figure coinvolte sono...due: l'allievo e il Maestro. Si
potrebbe pensare che anche la fortuna giochi un suo ruolo in questa
interazione umana, ma...andiamo con ordine. ALLIEVO. L'allievo è un
essere umano che non ha ancora preso piena coscienza di sé e delle
proprie capacità, sia di quelle evidenti che, cosa ancor più delicata,
di quelle sopite, possedute ma non esplicitate.
Cosa fa allora
questo essere umano? Si mette a cercare : cerca stimoli che lo aiutino a
comprendere meglio se stesso, cerca informazioni, ha bisogno di
a(f)fidarsi ( fidarsi di...) a qualcuno che lo aiuti a comprendere, a
prendere coscienza; in definitiva però è alla ricerca di qualcuno che
gli dia..permessi. Il permesso di credere in se stesso, di credere nelle
proprie capacità, di verificare che ciò che lui pensa di sé è corretto,
che esprimersi è una cosa "sana", che sentirne l'urgenza e assecondarne
l'esigenza non è un atto eccessivo, ma al contrario UN DIRITTO
INDIVIDUALE ASSOLUTO, quello che pone l'uomo sulla via della libertà e
della verità che sono i bisogni più importanti che caratterizzano
l'essere umano, le sue pulsioni spirituali ontologiche, le ragioni
stesse del suo esistere. Questa prima fase, per un allievo, è un
calvario. Decidere chi eleggere a proprio Maestro è molto difficile.
Nell'allievo il bisogno di operare un transfert ( mutuo il termine dalla
interazione paziente/terapeuta in psicanalisi) è prepotente, talmente
prepotente che spesso si sceglie un maestro più per rispondere a questo
bisogno di transfert che in virtù di una ponderata serie di
considerazioni oggettive sulle sue reali capacità umane e competenze
specifiche. Che in gioco vi sia un transfert è inevitabile, direi quasi
imprescindibile; come potrei infatti accettare le indicazioni, gli
stimoli, le osservazioni, le critiche, spesso anche durissime che mi
venissero da una persona di cui non mi fido ciecamente? "Il
mio...Maestro" è la frase che sintetizza tutto questo, conosciuto o
sconosciuto che sia, per ciascuno ad un certo punto arriva la decisione
di eleggere a proprio personale Maestro quello lì, quella persona
identificabile, riconoscibile, incarnata. Perché ...calvario? Ma
diciamola tutta: ma....di quali criteri potrò mai disporre all'inizio
della mia ricerca, io allievo, per fare una scelta ponderata? Ancora una
volta ecco ripresentarsi il problema di fine e inizio strettamente
connessi. La situazione ideale sarebbe quella, prima di operare il
processo di transfert, di valutare una rosa di potenziali maestri per
poi sceglierne uno come Maestro. ( ...mentre scrivo ripenso a quello
straordinario passaggio del film di Massimo Troisi "Ricomincio da tre"
che mette in bocca a Lello Arena la particolareggiata spiegazione della
differenza fra "'o mirachele " intendendo con questo i miracoli
correnti, l'ordinaria erogazioni di piccoli benefici quotidiani, quelli
che in fondo un santarello qualunque non nega al proprio devoto, e " 'O
MIRACHELE" intendendo con questo l'evento straordinario che si pone al
di sopra di qualunque possibile fraintendimento). Anche qui abbiamo il
maestro , l'onesto e capace ( o, a volte...) compitatore, il ragioniere
della musica che cerca di trasferire come può un corpus di indicazioni
che lui stesso non si è mai permesso di rivivere criticamente, così le
ha ricevute dal suo maestro e tali e quali le ripropone al proprio
allievo. Ci sono alcune frasi/test per stanare questi maestri, che se
fossero conosciute per tempo, eviterebbero a molti allievi di penare per
arrivare ad identificare il proprio Maestro. Una frase antididattica
per eccellenza è ad esempio :"CERTE COSE O CE LE HAI O NON CE LE HAI".
In questa ci sono termini assai vaghi, ma si sa, più si sta nel vago e
meno si assumono responsabilità, anzi, in questo caso si creano nel
malcapitato allievo straordinari dubbi e qualche senso di colpa che non
guasta mai. Ci sarebbe infatti da chiarire intanto quali sarebbero
queste..."certe cose" e conseguentemente chi sarebbe la figura
qualificata accreditato a certificarne il possesso. L'altra frase
interessante è "CI SONO COSE CHE NON SI POSSONO SPIEGARE". Questa è
risolutiva per determinare la scelta del Maestro: chi la dice si mette a
nudo. Il momento, il periodo del rapporto nel quale viene detta fa la
differenza. Se è dopo poco tempo che il rapporto è iniziato, e allora
andiamo malissimo. Qualora dessimo per accettato che realmente ci siano
"cose che non si possono spiegare", questa frase andrebbe detta alla
fine di un tragitto nel quale però si siano prima spiegate TUTTE le
spiegabili. Se viene detta quasi all'inizio in realtà cosa sottintende:
ci sono cose che "IO" ( colui che la dice) non so spiegare, e allora lì
capisci che quello non è nemmeno un maestro ( sempre con la "m"
minuscola) ed è arrivato il momento di rivolgersi altrove. Per ora mi
fermo qui per lasciar sedimentare, in chi avrà la bonarietà di leggere
queste mie righe, le considerazioni qui esposte.
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