lunedì 12 agosto 2013

CRITERI 9: IL PUBBLICO.

Questo, della serie dei criteri, è il più inquietante, è il pilastro stesso di tutta l’attività musicale nella filiera Educazione/Produzione/… Fruizione.
Cercherò di procedere sistematicamente, seguendo una logica il più possibile serrata nel mettere insieme i concetti.
Il direttore d’orchestra Sergiu Celibidache aveva una ammirazione incondizionata per il pianista Arturo Benedetti Michelangeli. Dopo averlo ascoltato suonare,nei primi anni ’40 del ‘900, ne rimase talmente impressionato da affermare:”capii che era inutile tentare una carriera come pianista, c’era Michelangeli ad occupare la prima posizione, bisognava trovare un altro ambito nel quale poter primeggiare”. In questo caso possiamo attribuire a Celibidache la patente di narciso? Di ambizioso sfrenato? O non era semplice consapevolezza dei propri mezzi e riconoscimento di quelli di un altro? In vari colloqui sia privati che pubblici Celi, come suo solito, con un indefesso spirito didattico, entrò nei particolari, spiegando i motivi di tanta ammirazione. “Michelangeli suonava e poi mi guardava indicando la parte destra della tastiera del pianoforte andando anche un po’ oltre con la mano e mi diceva “senti gli armonici?”.Quando suonava percepiva i suoni della “quarta ottava”, gli armonici più lontani rispetto al materiale di base prodotto dalle dita”.
Celibidache ammetteva di non aver mai prestato attenzione a questi “epifenomeni”, fenomeni collaterali entrando così tanto nello specifico e che dai primi incontri professionali con Michelangeli fece tesoro di quelle indicazioni imparando ad orientare la sua coscienza a che prestasse attenzione a tutta la ricchezza del materiale sonoro.
Celi ci ha insegnato nel corso degli anni quanto la ricchezza del materiale, la sua maggiore o minor “quantità” abbia un valore decisivo nella scelta del tempo di esecuzione, la famosa frase “dans la lenteur il y a la richesse” più volte ribadita ne è la impegnativa ( per noi ) sintesi.
Sì ma questo con il titolo di questo Criteri 9, il pubblico, che c’entra?
C’entra, anzi è il fattore decisivo e ora spiegherò perché.
Quando ascoltiamo una esecuzione il primo dato che ci colpisce, che colpisce il fruitore immediatamente, è proprio la scelta di tempo di esecuzione operata dall’esecutore, più spesso definito “interprete”, e a seguito di questo vengono poi espressi i giudizi del tipo “ma così è troppo lento”, “così è troppo veloce”,” questo sembra che deve andare a prendere il treno”,”ah lei ha studiato con Celibidache, beh mi sembrava uno che esagerasse in lentezza nelle esecuzioni, sono noti i suoi “tempi lenti”.
Di cosa stiamo parlando? In realtà parliamo del divario di conoscenza/consapevolezza/evoluzione interiore esistente fra il fruitore e l’esecutore. Celibidache è ancora più drastico, alla fine di una intervista alla radio francese arriva a dire: “… e allora colui che si esprime nei miei confronti dicendo che scelgo tempi lenti non fa che certificare, attestare la propria “ignoranza”, nel senso che ignora quali fattori concreti, materiali concorrono alla scelta del tempo di esecuzione”, lui ci obbliga insomma ad abbassarci alla sua povertà percettiva, penuria di mezzi rispetto alla ricchezza che il materiale propone alla nostra percezione.
E qui voglio concludere con una riflessione. Se “così va il mondo” e cioè da una parte esseri umani più “evoluti” interiormente, capaci di cogliere la ricchezza che il mondo propone, che reale e concreta possibilità di dialogo/confronto/proposta ci potrà essere con un “pubblico” ( la variegata categoria dei fruitori) la cui coscienza è praticamente SORDA alla percezione di tutti gli elementi in gioco che poi sono determinanti per operare scelte che ci avvicinino sempre di più alla VERITA’?
E i giudizi che questo pubblico esprime a cosa fanno riferimento? Quando qualcuno “riconosce” il nostro fare come appropriato, l’unico giudizio che può esprimere non è più soltanto “che bello”, ma diventa molto più pertinentemente…”è così”. Dice Celi:”… è riuscito ad ingoiare qualcosa che io ho già masticato per lui”…
Trovo in questo anche una risposta allo spasmodico spirito didattico che ha animato Celibidache nel corso di tutta la sua esistenza. E’ assolutamente necessario infatti,perché tutta questa ricchezza non vada persa, non abbandonare il pubblico come dice Celi , “al suo destino fisico” ma offrirgli una opportunità di crescita spirituale aiutandolo ad orientare la propria coscienza perché accresca il più possibile la propria consapevolezza.
Dico ultimamente che un pezzo di cioccolata è più buono se condiviso con qualcuno. Celi ha voluto condividere anche con me un po’ della sua cioccolata e ora io cerco a mia volta di fare lo stesso con quelli che vengono dopo di me.