Questo, della serie dei criteri, è il più inquietante, è il pilastro
stesso di tutta l’attività musicale nella filiera
Educazione/Produzione/… Fruizione.
Cercherò di procedere sistematicamente, seguendo una logica il più possibile serrata nel mettere insieme i concetti.
Il direttore d’orchestra Sergiu Celibidache aveva una ammirazione
incondizionata per il pianista Arturo Benedetti Michelangeli. Dopo
averlo ascoltato suonare,nei primi anni ’40 del ‘900, ne rimase talmente
impressionato da affermare:”capii che era inutile tentare una carriera
come pianista, c’era Michelangeli ad occupare la prima posizione,
bisognava trovare un altro ambito nel quale poter primeggiare”. In
questo caso possiamo attribuire a Celibidache la patente di narciso? Di
ambizioso sfrenato? O non era semplice consapevolezza dei propri mezzi e
riconoscimento di quelli di un altro? In vari colloqui sia privati che
pubblici Celi, come suo solito, con un indefesso spirito didattico,
entrò nei particolari, spiegando i motivi di tanta ammirazione.
“Michelangeli suonava e poi mi guardava indicando la parte destra della
tastiera del pianoforte andando anche un po’ oltre con la mano e mi
diceva “senti gli armonici?”.Quando suonava percepiva i suoni della
“quarta ottava”, gli armonici più lontani rispetto al materiale di base
prodotto dalle dita”.
Celibidache ammetteva di non aver mai
prestato attenzione a questi “epifenomeni”, fenomeni collaterali
entrando così tanto nello specifico e che dai primi incontri
professionali con Michelangeli fece tesoro di quelle indicazioni
imparando ad orientare la sua coscienza a che prestasse attenzione a
tutta la ricchezza del materiale sonoro.
Celi ci ha insegnato nel
corso degli anni quanto la ricchezza del materiale, la sua maggiore o
minor “quantità” abbia un valore decisivo nella scelta del tempo di
esecuzione, la famosa frase “dans la lenteur il y a la richesse” più
volte ribadita ne è la impegnativa ( per noi ) sintesi.
Sì ma questo con il titolo di questo Criteri 9, il pubblico, che c’entra?
C’entra, anzi è il fattore decisivo e ora spiegherò perché.
Quando ascoltiamo una esecuzione il primo dato che ci colpisce, che
colpisce il fruitore immediatamente, è proprio la scelta di tempo di
esecuzione operata dall’esecutore, più spesso definito “interprete”, e a
seguito di questo vengono poi espressi i giudizi del tipo “ma così è
troppo lento”, “così è troppo veloce”,” questo sembra che deve andare a
prendere il treno”,”ah lei ha studiato con Celibidache, beh mi sembrava
uno che esagerasse in lentezza nelle esecuzioni, sono noti i suoi “tempi
lenti”.
Di cosa stiamo parlando? In realtà parliamo del divario di
conoscenza/consapevolezza/evoluzione interiore esistente fra il
fruitore e l’esecutore. Celibidache è ancora più drastico, alla fine di
una intervista alla radio francese arriva a dire: “… e allora colui che
si esprime nei miei confronti dicendo che scelgo tempi lenti non fa che
certificare, attestare la propria “ignoranza”, nel senso che ignora
quali fattori concreti, materiali concorrono alla scelta del tempo di
esecuzione”, lui ci obbliga insomma ad abbassarci alla sua povertà
percettiva, penuria di mezzi rispetto alla ricchezza che il materiale
propone alla nostra percezione.
E qui voglio concludere con una
riflessione. Se “così va il mondo” e cioè da una parte esseri umani più
“evoluti” interiormente, capaci di cogliere la ricchezza che il mondo
propone, che reale e concreta possibilità di dialogo/confronto/proposta
ci potrà essere con un “pubblico” ( la variegata categoria dei fruitori)
la cui coscienza è praticamente SORDA alla percezione di tutti gli
elementi in gioco che poi sono determinanti per operare scelte che ci
avvicinino sempre di più alla VERITA’?
E i giudizi che questo
pubblico esprime a cosa fanno riferimento? Quando qualcuno “riconosce”
il nostro fare come appropriato, l’unico giudizio che può esprimere non è
più soltanto “che bello”, ma diventa molto più pertinentemente…”è
così”. Dice Celi:”… è riuscito ad ingoiare qualcosa che io ho già
masticato per lui”…
Trovo in questo anche una risposta allo
spasmodico spirito didattico che ha animato Celibidache nel corso di
tutta la sua esistenza. E’ assolutamente necessario infatti,perché tutta
questa ricchezza non vada persa, non abbandonare il pubblico come dice
Celi , “al suo destino fisico” ma offrirgli una opportunità di crescita
spirituale aiutandolo ad orientare la propria coscienza perché accresca
il più possibile la propria consapevolezza.
Dico ultimamente che un
pezzo di cioccolata è più buono se condiviso con qualcuno. Celi ha
voluto condividere anche con me un po’ della sua cioccolata e ora io
cerco a mia volta di fare lo stesso con quelli che vengono dopo di me.