domenica 21 novembre 2010

... continuando

Per opere di ampio respiro, si può anche ipotizzare un PM diciamo Generale, di tutta l'opera, ma è evidente che per poterci appropriare di ogni sezione facciamo riferimento a ciò che avviene in ciascuna di esse. E' un po' quello che succede in una sinfonia in 4 movimenti: ognuno ha il suo PM, ma puoi esercitarti a cercarne uno che si riferisca alla sinfonia intera.

C'è una considerazione da fare a questo proposito: tutto sottostà ad un bisogno ineliminabile della nostra coscienza, l'articolazione.
Perché un fenomeno a lei esterno le risulti appropriabile deve essere articolato e quando la "massa" alla quale fai riferimento è troppo grande (estesa), automaticamente la articoli in sezioni.
Questo fa riferimento alla nostra natura, al nostro modo di stare in questa realtà fenomenica: è così e basta.

La psicologia della Gestalt ci aiuta moltissimo a "sondare" queste modalità di funzionamento della nostra "percezione" e la lettura di Ehrenzweg, aggiunge un taglio psicanalitico interessante a tutta la faccenda.
Insomma per i curiosi c'è materia di approfondimento, per chi si contenta,invece, l'escursione godimento/sofferenza oscilla fra " + 10 e - 10 ", se invece ambisci ad una pienezza di godimento "+ 1000 " devi ovviamente accettare che questo comporta il rischio di soffrire, anche "- 1000".
Forse è per questo che a molti questi (apparenti) discorsi - ma in realtà , suggerimenti e proposte per "vissuti" più appaganti in quanto più consoni alla nostra natura - risultano così tanto materia dalla quale difendersi.
Ma...

Se c'è una materia non prevista nei Conservatori di musica italiani questa è sicuramente l'educazione dell'orecchio.

Questo è un retaggio dell'approccio tutto da popoli neo-latini che trova la sua sintesi nella frase: "il talento o ce l'hai o non ce l'hai".
Insomma, qui si dice: "musica? è roba per ...talentati", anzi, se poco poco provi a fare discorsi di ...educazione dell'orecchio, sotto sotto vuol dire che talento, ...
uhm, ne hai poco (o non abbastanza - quasi che fosse "quantificabile").

Gli anglosassoni, più pragmatici, hanno sviluppato molti metodi per lo sviluppo dell'orecchio, arrivando anche a quello armonico.

Mi permetto di andare oltre.

Quando siamo arrivati non con gli occhi (leggendo cioè una pagina di musica e facendone "ad occhio" l'analisi armonica, dicendo ad esempio "qui siamo in do minore, poi qui modula a sib maggiore), ma con le ... orecchie a cogliere il dipanarsi delle armonie, questo che risultato pratico da un punto esecutivo genera nelle azioni dell'esecutore?

E ai fini dell'erleben, del vivere il processo come tragitto di coscienza, che ce ne facciamo di tutto questo?

Mi sono sempre chiesto ascoltando uno che suona o suona dirigendo o dirige suonando: "ma quello cosa "vive" del tragitto tensivo del brano se si capisce perfettamente da come suona che non sta vivendo i rapporti tensivi? che mi/ci sta suonando? In base a cosa ... suona, da dove a dove crede di starci portando se non sta facendo altro che una ... "corsa sul posto" perché non ha ancora risolto la prima articolazione, figuriamoci passare alla seconda?

Già è un grande passo avanti riconoscere la concatenazione I - IV - V - I, sia nelle tonalità maggiori che nelle tonalità minori(lavoro sistematico e quotidiano, necessario per chi, musicista, lo è principalmente attraverso la pratica di strumenti monodici).

Già riuscire a percepire sonata per sonata, sinfonia per sinfonia, quartetto per quartetto quando si è sul 1° quando sul 4° e quando sul 5° grado, è un passo avanti nella padronanza "tensiva" di una composizione, premessa ineliminabile se poi la si vuole anche eseguire e quindi renderne percepibile anche agli altri l'evolversi della "tensione".

Nessun commento:

Posta un commento