domenica 2 settembre 2012

CELIBIDACHE E L'INTERPRETAZIONE

La conclusione a cui giungono molti, per lo più "sprovveduti", quando sentono discorsi sulla oggettività e sul fatto che in musica non si tratta di "interpretare" ma di riconoscere, è che allora così ci sarebbe un solo modo di fare le cose e questo costituirebbe a loro dire un appiattimento. Al contrario CELIBIDACHE (mi preme fare chiarezza assoluta su questo punto) dice, ed è cosa ben diversa, che ogni esecuzione è UNICA, inconfrontabile, irripetibile, diversa da qualunque altra perché l'acustica del luogo in cui si esegue è ogni volta diversa ed è l'acustica il fattore determinante per la scelta, ad esempio del tempo di esecuzione. Credere che la ricerca dei criteri che rendono "oggettivo" il rapporto - suono/effetti sulla coscienza umana - voglia automaticamente significare "esecuzioni tutte uguali" è un fraintendimento, appunto, da sprovveduti; sprovveduti di criteri, di termini e argomentazioni fenomenologiche, un ulteriore maldestro tentativo di giustificare la propria inconsistenza rispetto a queste problematiche. Ma dico io, santiiddio, ma... costa così tanto provare ad approfondire questi argomenti invece di contrastarli accampando aria fritta? Sì,in 30 anni ho verificato che mettere da parte l'EGO costa moltissimo, sta lì il vero problema. L'interpretazione è l'appiglio sicuro per EGO narcisisticamente irriducibili. Quindi non si tratta di "appiattire" le esecuzioni rendendole tutte uguali, ma di avere, questo sì, un "modo"(metodo) oggettivo di approccio, fondato cioè su criteri non di volta in volta cangianti in base a non si sa quale superiore "sentirla così", peraltro diverso da persona a persona e che avrebbe pure la pretesa di essere proponibile. Ma io dico, e ancora una volta santiiddio, ma come fai a pensare che mi possa interessare (tu esecutore) come la "senti tu", come puoi pensare che io abbia tempo da perdere appresso ai tuoi maldestri tentativi senza criteri oggettivi, di trasformare il suono in... non si sa che? Se permetti io vorrei qualcuno, affidabile, che mi rendesse il messaggio originario, quello scritto dall'autore che altro non è se non una coscienza umana esercitantesi per la parte UNIVERSALE, quella cioè comune a tutti gli esseri umani, che vuole comunicare con un'altra coscienza, quella di ciascuno di noi. Ergo, perché ti metti in mezzo tu e la tua "interpretazione" a rompermi le palle? Sei liberissimo di cantartela e suonartela come tu pensi che sia, basta che tu lo faccia "da solo" e in luogo chiuso. Già se c'è qualche familiare in giro per casa dovrai necessariamente porti il problema di cosa possa capirne lui di quel che fai tu se quel che fai è mosso soltanto dalla tua soggettività. Ecco che arriva Celibidache e ti dice: "in musica non c'è nulla di interpretabile e la fenomenologia ti aiuta a scoprire quali siano gli effetti del suono sulla coscienza umana"...più semplice di così...

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