domenica 4 luglio 2010

Dall'io al noi

(commenti del m° R. Napoli su forum - 2007 -)

[...] alle "dinamiche" autoreferenziali, peraltro così diffusamente proposte, propinate, perorate, cerchiamo di andare oltre, cercando invece ciò che possa fare riferimento a quanto di "oggettivo" sia verificabile e testimoniabile. E' un tentativo, finalmente, di passare dall'IO al NOI, dal soggettivo autoreferenziale al confluire del soggettivo nell'oggettivo.

In definitiva è la solita storia dell'interpretazione: come la senti tu si qualifica come UNIversale soltanto nel momento in cui si avvicina o coincide a/con come la "sentono" tutti in base alle dotazioni del modello base di cui tutti disponiamo per vivere in questo ambiente fenomenico.
Se invece resta soltanto una manifestazione individuale, restiamo ancora nel campo del....POLIversale e allora ognuno è liberissimo di comunicarcela e magari di trovere pure "adepti" che la condivideranno (il mondo è bello perché è vario), ma questo modo ha poche opportunità di risultare per ciascuno di noi umani interessante perché è fortemente minato da un altro modo che inevitabilmente avrà la precedenza: il MIO (ovviamente, quindi, il mio inteso come ... ciascuno il proprio)

Perché dovrei dare più credito al ...TUO se è solo tuo? Francamente, allora, preferisco... il mio... E così via , insomma,siamo ancora all'interpretazione come arbitrio.

Uscire dall'EGO e dalla soggettività per trovare ciò che di oggettivo ci accomuna.

Non esiste una "esecuzione fenomenologica".
Esiste una esecuzione e basta.
L'arbitrio si commette da parte, in primis, dell'esecutore che essendo deputato a rendere sonoramente ciò che l'autore ha stenografato sulla carta, non dovrebbe ignorare alcuni dati fondamentali, due in particolare: da un lato le caratteristiche del suono, dall'altro come il suono interagisca con la coscienza umana.

L'ascoltatore non è che deve conoscere la fenomenologia, in realtà reagisce per come funziona. Certamente come per tutte le branche dell'umano manifestarsi un po' di dimestichezza (leggi "cultura musicale di base" ) sarebbe richiesta.

Qui insomma si pretende di assistere a letture di poesie arabe senza conoscere l'arabo.
Ci sono alcuni dati basilari che prescindono dalla cultura. Come dico spesso fanno parte della dotazione del modello base per stare in questo mondo fenomenico.
L'articolazione, ad esempio è un requisito fondamentale che deve possedere qualunque fenomeno esterno a noi per essere per noi "appropriabile".
Se un esecutore fa un accento su ogni battere di una misura e non tiene conto delle articolazioni, abbassa tutto all'articolazione più primitiva e allora non rende giustizia a ciò che ha scritto "umanamente" l'autore.

Ora quindi la domanda è un'altra, in realtà: "quanta fenomenologia bisogna conoscere per fare e ascoltare musica?"

Bene, la fenomenologia con il "saper fare" e il "saper ascoltare", alla fine non c'entra nulla ai fini della MUSICA.

Finché stiamo a livello fisico, dei fenomeni, allora la fenomenologia è in grado di "ragguagliarti" su tutto ciò che ostacola il passaggio dal suono alla musica, ti dice insomma tutto quello che musica NON E'.

Che cosa invece "è" musica, è indicibile. Il processo va solo vissuto, perché nel momento stesso in cui tu fissassi dicendo " questo è musica" ne avresti sancito (della musica) il limite, ed è questo che è improprio per un processo di libero funzionamento della coscienza.
Certo per avvicinarci possiamo dire: "tu sei la musica", "l'umano è la musica"," il suono non è musica ma può diventare musica".
Ma questo è solo per aiutarci a vivere quel processo indefinibile.

E' molto più semplice di quello che possa sembrare.

Chi ha composto ad esempio la Marsigliese, credi che abbia fatto un ragionamento ..."fenomenologico" ? Eppure ha istintivamente aperto su un intervallo di quinta facendo : sol - sol - sol - do - do - re- re- SOOL - mi - do
Prova a fare : sol - sol - sol - do - do - re- re - FAA - fa - mi e ...."senti" se è lo stesso effetto di ESTROVERSIONE che una quinta ascendente inevitabilmente porta con se. Se avesse aperto sul FA, in realtà avrebbe fatto una quinta inferiore (se provi a cercare il fa, partendo da do, nel circolo delle quinte superiore, non lo trovi. Lo trovi invece come, sempre partendo da do, quinta inferiore ).

Quindi un conto è ciò che deve sapere su come NON E' il professionista con l'auspicio che dai tanti no gli nasca dentro il vissuto dell'unico SI'.
Che questo debbe far parte anche del vissuto di un ascoltatore "medio", è auspicabile, proprio perché se manchi completamente di "cultura musicale di base", cosa pretendi che siano le sole "orecchie" a farti appropriare...di che?
Delle vibrazioni regolari di corpi elastici? perché questo e non altro è il suono. Altro è cogliere le relazioni che si instaurano fra i suoni: grazie, da qui in poi intervalli, ritmi ,armonie e relazioni fra parti, necessità di passare dalla molteplicità dei fenomeni all'Unitarietà dei fenomeni e quindi al quel moto della coscienza - definizione impropria ma avvicinantesi per approssimazione - che si avvale del suono e vi porietta se stessa per alcune affinità fra suo modo di essere e quel materiale, che chiamiamo MUSICA.

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