" La fine contenuta nell'inizio "
Della fenomenologia musicale,la disciplina che per arrivare
all'oggettività studia gli effetti del suono sulla coscienza umana,
disciplina insegnata e praticata da Sergiu Celibidache praticamente per
tutta la sua vita musicale, questo della FINE CONTENUTA NELL'INIZIO è
uno degli assunti più difficili da "vivere". E' il rapporto fra
potenzialità ed esplicitazione. Le
implicazioni a cui dà luogo sono molto interessanti e anche assai
vincolanti. Quello che qui mi interessa, in questa esposizione di
criteri utili soprattutto ai non addetti ai lavori per comprendere
meglio e giudicare il lavoro del direttore d'orchestra, è ciò che accade
quando il direttore sta per iniziare, con quale gesto avvia il brano di
musica. La situazione. Abbiamo questi tre momenti: il "silenzio" prima
dell'inizio, un gesto iniziale del direttore e poi l'avvio di quel
tragitto della coscienza umana che viene comunemente definito "brano di
musica".
I direttori hanno necessità di fare qualcosa per far
sì che l'esecuzione si avvii, parta. In omaggio al principio della "fine
contenuta nell'inizio", a cosa possiamo quindi pensare? Che il gesto
del direttore debba in qualche modo contenere fin dall'inizio
indicazioni strettamente collegate al brano che sta per essere musicato.
Purtroppo è assai raro rilevare nel gesto del direttore l'unicità, il
legame uni-versale ( e non poli-versale quindi ambiguo, non specifico)
unico, fra l'inizio e ciò che viene immediatamente dopo l'inizio.
Qui abbiamo due tipologie fondamentali di direttori: abbiamo i DIRETTORI e gli ..."INTERRUTTORI".
DIRETTORI. Il loro gesto iniziale contiene nel "levare", il movimento
che precede l'attacco del suono, elementi inequivocabili che danno ad
ogni singolo componente dell'orchestra questa serie di indicazioni:
precisa collocazione dell'attimo nel quale iniziare, tempo di
esecuzione, dinamica ( forte, piano), tipologia di emissione (staccato,
legato). Le più importanti sono le prime due: quando attaccare e a che
tempo si procederà nell'emissione dei suoni successivi al primo.
Per
ottenere questo risultato è necessario che sia presente nel gesto una
"relazione" fra il movimento in levare e il movimento in battere. L'
identità c'è un solo mezzo che sia in grado di garantirla: la
proporzione. Per proporzione si intende il rapporto fra l'energia
sprigionata nell'impulso iniziale e il conseguente rimbalzo del braccio.
Andare oltre nella spiegazione sarebbe come dire che iniziamo un corso
di tecnica direttoriale seduta stante.
INTERRUTTORI. Purtroppo
sono la maggioranza dei direttori. Senza alcuna poetica di riferimento e
votati soltanto all'esaltazione e all'affermazione del proprio
narcisismo questi showmen si limitano maldestramente a dare una sorta di
"pronti-via" all'orchestra, diventando quindi di fatto degli
interruttori poco interessati a che vi sia un nesso UNICO fra gesto e
musica. A loro interessa soltanto fare in modo che l'orchestra "parta",
così poi , accompagnati da un sottofondo garantito dall'orchestra che si
arrangia a suonare praticamente abbandonata a se stessa potranno
finalmente esibirsi nella loro narcisistica pantomima che avranno
l'accortezza di interrompere quando i suoni saranno finiti.
Come
riconoscere un ... INTERRUTTORE? C'è un gesto che li "svela", è quello
che risponde alla denominazione di "una fuori", gesto al quale ricorrono
anche stars indiscusse dello show business.
Per "una fuori" si
intende una battuta o parte di essa di cui vengono indicati nello spazio
tutti o parte dei movimenti che la caratterizzano. Ammettiamo che il
brano sia in quattro quarti, i più insicuri batteranno tutti e 4 i
movimenti ( un-du-tre-quà - uno due tre quattro - e questa è la famosa
"una fuori") con l'intento di dare all'orchestra l'indicazione ( il
ritorno del prossimo "un") del momento in cui iniziare. Quelli più
praticoni forse perché animati anche da un certo senso di inconscia
"vergogna" della loro inadeguatezza prima di tutto tecnica , ma quel che
è più grave, musicale, invece di scandire a vuoto tutti e 4 i
movimenti, si limitano ad indicare gli ultimi due scandendo nell'aria
un... "trè-quà"(tre-quattro).
Tutto ciò ricorda un po' il famoso
"batto quattro" che precedeva l'inizio di molti brani di musica leggera o
i colpi scanditi, una bacchetta contro l'altra, dal batterista di molti
complessi jazz per dare poi avvio all'esecuzione.
E io sto qui
a parlare di "fine contenuta nell'inizio" e di coerenza fra gesto e
contenuto che questo dovrebbe rappresentare. Probabilmente sono in
controtendenza rispetto all'andazzo generale, ma scusatemi, non riesco a
contenere il mio bisogno di chiarezza e soprattutto di verità cercando
di combattere la cialtroneria che anche in me è , come in tutti,
presente. La differenza sta nel rendersi sempre più consapevoli dei
propri limiti e cercare di porvi rimedio superandoli.
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