giovedì 2 febbraio 2012

il lavoro del direttore

Ancora copia e incolla di interventi di 5/6 anni fa del M° Napoli in forum, la cui importanza reputo fondamentale e quindi riporto qui affinché non vadano persi e ognuno possa avvalersene.

> Il mestiere del direttore è duro e merita rispetto: sia da chi vi si trova in
> contatto ma (e soprattutto) da chi lo pratica.

Bravo, ben detto, ma lasciami distinguere:
chi viene a contatto di un direttore, non deve "rispettarlo" " a priori".
L'autorevolezza non è data per scontata dal ruolo, ma la attestano i fatti.
L'arroganza o la durezza per le quali cercavi risposte, quasi sempre deriva da fraintendimenti messi in campo dalle due parti: dall'orchestra e dal direttore.

Orchestra
In un certo senso, per la sua posizione, inevitabilmante "subisce" il direttore (in parte chiarisce questo quadro Adorno nel suo testo sul direttore d'orchestra) e allora ha due possibilità: odio o amore.
Generalmente chi si lascia guidare soltanto dal carattere del direttore, può commettere errori fatali, rischia di:
1) buttare via bambino e "acqua sporca"
2) tenere l'acqua sporca e buttare via il bambino
3) tenere il bambino e buttare l'acqua sporca
4) tenersi bambino e "acqua sporca"

La considerazione è conseguente solo a quale di questi comportamenti si decide di adottare.

Altro è una orchestra professionale un requisito della quale è quello di "prescindere" dagli aspetti caratteriali, che saranno considerati un accessorio, un di più marginale. Quello che conta è essere in grado di assecondare pienamente le richieste del direttore, in quanto lui è l'unico (a meno che non chieda cosa davvero "impossibili") che per la sua funzione è il responsabile della meta, come qualcuno ha già detto.
Allora dei professionisti, coscienti di questo cercheranno di fare in modo che il direttore disponga delle condizioni, dei mezzi e possa operare le scelte utili a realizzare quel certo risultato. Che poi sia discutibile o arbitrario o non condivisibile, questo è un altro discorso, ma la faccia bisogna fare in modo che se la giochi fino in fondo il direttore, altrimenti NON LO INVITI a dirigere, tutto qui e non che diventa una guerra continua, la cui vera vittima è soltanto, alla fine, la musica.

Quindi il rispetto non è dato solo dal ruolo: lui è il direttore, quindi lo rispettiamo. Questo va bene quando arriva qualcuno per la prima volta: è una strategia di approccio: "diamogli tempo a questo di dimostrarci come la pensa", ma una volta svelatosi, "chi dirige male o non sa dirigere, rovina anche te, digli di smettere".

Direttore.
Ecco anche da parte del direttore (dall'aspirante o sedicente tale) la professione merita rispetto.
E questo si capisce subito. L'arte di arrangiarsi è poco fruttuosa da questo p.to di vista. Chi pensa di affrontare la professione perché investito da folgorazione divina e quindi "o ce l'hai o non ce l'hai" o peggio "la direzione non si può insegnare...", uhm, diffido...
Generalmente sono narcisi all'ennesima potenza che pensano, proprio in virtù del loro straripante egocentrismo e narcisismo, di essere quegli unti del Signore, investiti di direttorialità per illuminazione divina e senza verifiche.
Lo sono e basta! (sic!).

Uhm, psicologie d'accatto.
Umanità nella peggiore manifestazione di sé, che tanto malumore, dolore, tristezza, astio, odio sparge intorno a sé.
Figure border - line, al limite quindi del disagio psicologico che in fondo in fondo non avendo alcun rispetto prima di tutto di se stesse, sono incapaci di averlo sia per gli altri che men che meno per lo strumento scelto per manifestarsi e preso in ostaggio, immolandolo sull'altare del loro disagio esistenziale: la direzione d'orchestra.

Raffaele Napoli

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