martedì 7 marzo 2023

"MUSICA ALLE MEDIE" 4/xx: I DOCENTI DI MUSICA CHE VOGLIONO DIRIGERE.

Post non soltanto "scomodo" (lo anticipo già io) , ma anche abbastanza lungo in ragione del rispetto che meritano persone disposte a mettere seriamente da parte, almeno per una volta, il loro EGO.: "ah... trovarne... oggi"

🙁
La "tecnica" direttoriale divide i direttori in 2 grandi categorie: gli "approssimativi" e i "funzionali".
APPROSSIMATIVI: fanno gesti descrittivi che sembrano specifici ma che sono, invece, approssimativi perché non inequivocabilmente collegati a ciò che debbono dirigere, lo indicano "alla grossa", in modo primitivo, rozzo, superficiale. Però, in realtà, parliamoci chiaro: e che problema c'è. Di fatto è chi suona che sta "in prima linea", l'atto finale spetta a lui perché è lui che emette suoni e ne ha la responsabilità.
Quale è, allora, il criterio decisivo per valutare il diverso grado di responsabilità fra chi suona e chi dirige? È la IRREVERSIBILITÀ. Che il gesto sia approssimativo o ontologico il problema della irreversibilità per molti sembra che apparentemente non si ponga nemmeno.
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[ Apro una parentesi che ritengo significativa...]
Cito a proposito di irreversibilità, quello che mi disse Franco Ferrara il didatta di direzione d'orchestra punto di riferimento per il 90% degli aspiranti direttori fra la fine degli anni '50 e la prima metà degli anni '80.
Ultima settimana di agosto del 1985 - Lanciano in provincia di Chieti, sede di rinomati corsi di formazione orchestrale. Rassegna di "giovani direttori" in onore di Franco Ferrara. Siamo in 5 ad alternarci sul podio.
Contrariamente ai curriculum correnti, io già allora ero un "alternativo" ( un provocatore?).
In senso ZEN ( "quando l'allievo è pronto, il Maestro appare"), il Maestro che apparve, conforme al mio "essere pronto", non fu Franco Ferrara ma Sergiu Celibidache,
(.. e che ce voi fà, nessuno è perfetto /
a me è annata così, tocca fàssene na ragggiòne...).
L'incontro con Ferrara fu con queste parole:
- "Maestro... le porto i saluti di un suo grande amico"
- "Ah... e... di chi si tratta?"
- "Sergiu Celibidache"
- "Napoli, venga qui, si faccia abbracciare" ( wow...)"
Durante le prove ci sedevamo qualche fila dietro al Maestro. Ma dopo la prima prova Ferrara mi disse : "Napoli, venga a sedersi un po' qui, vicino a me".
E qui arriviamo al dunque. A commento di quanto NON stava accadendo mentre dirigeva uno dei partecipanti, Ferrara dopo un po', evidentemente infastidito, si voltò verso di me e sottovoce mi disse: "Ah... SE LA BACCHETTA SUONASSE".
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Riprendiamo. Per chi suona uno strumento, una volta emesso un suono, non può tornare indietro, non si può ricominciare come se nulla fosse accaduto, ormai quello è e... quello è.
Invece se il direttore fa gesti generici, non c'è nessun problema: i suonatori vanno avanti lo stesso. Sul leggio hanno la parte scritta e quindi l'opzione più praticata da parte di chi suona, qualora si trovi in presenza di un "approssimativo, è di non guardarlo e così garantisce senza farsi "distrarre" in modo pericolosamente fuorviante, il "da capo a fondo" del brano suonando. Suonando sì, però suonando le note ma... non una di musica.
Ora facciamo un piccolo test (mi rivolgo a docenti di scuola media, potenziali direttori, che si trovino quindi nella necessità di dirigere e che siano così onesti che invece di improvvisarsi direttori, vogliano seriamente imparare a farlo).
Il primo problema che si pone è quello della scelta del Maestro e questo però è un problema che accomuna tutti coloro che decidano di intraprendere studi musicali.
Come faccio infatti a decidere se quello lì sia affidabile o meno se non ho criteri per valutare la attendibilità di ciò che mi dice?
Una considerazione a latere: c'è una domanda infinitamente più rischiosa di qualunque altra e anche assai temuta dagli approssimativi: “perché?”
Ecco allora il test che propongo.
Ora io farò un elenco di domande specifiche e ciascuno proverà fra sé e sé, in base alle proprie esperienze e incontri, a rispondere.
- Posizione iniziale, quella con gli avambracci paralleli fra loro e paralleli al terreno. Io la definisco il “neutro”.
Perché si parte così?
- I tempi “in tre” vengono battuti con le braccia che si muovono a specchio, quindi, dopo aver fatto un levare, si fanno tre movimenti. Ad esempio braccio destro.
- 1/giù – 2/in fuori (verso destra) - 3/verso l’alto (ritornando al centro sulla verticale dell’1)
Perché?
Perché non invece: 1/giù – 2/in dentro (verso sinistra) – 3/ verso l’alto (ritornando al centro sulla verticale dell’1) ?
- Come si batte un movimento “in due” e… perché?
- Come si fa il “levare”. Come ottenere un attacco inequivocabile, ad esempio per ottenere un “pizzicato”?
- Prima di attaccare, il momento quindi del “levare”, quanti movimenti è giusto fare? Perché?
Cosa cambia nel levare se il brano parte sul battere o sul levare?
- Movimento del polso. Nella direzione d’orchestra si usa o non si usa? Quale è il… “perché” di chi dice “sì” e di chi dice “no”?
- Ora la più difficile: i tempi “in tre” battuti in uno ( ad esempio un ¾ come molti scherzi di sinfonia che si battono in uno)
Cosa deve contenere il gesto per rappresentare quel che accade e non coprire soltanto una distanza, facendo un “giù/su” indistinto?
Perché?
Quale sarebbe per intenderci la differenza fra un movimento "in uno" che raccolga al suo interno due valori della stessa durata, ad esempio " do - re", e lo stesso movimento "in uno" che però questa volta contenga tre valori sempre della stessa durata, quindi " do - re -mi"?
Dopo aver detto qualcosa sugli “approssimativi”, ecco giunto il momento di dare spazio ai funzionali.
Ma di questi parlerò nel prossimo post. A presto…

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